Vita in campagna. Appunti di viaggio di una cittadina in trasferta #3

Campo di patate - vita in campagna
La dorifora e le patate. Prendersi cura dell’orto è una meditazione: un appuntamento quotidiano che fa bene al cuore, alla vista, all’anima.

L’estate è un periodo di grande lavoro e impegno per chi vive in campagna. Tutto cresce a una velocità molto più alta che nelle altre stagioni. Questo è sicuramente un vantaggio per la gioia di cucinare e mettere nel piatto quello che hai piantato. Ma quante specie di erbe, erbette e erbacce infestanti riesce a produrre la terra in questa stagione! Io mi incanto a vedere la tenacia, il desiderio di conquistare spazio, la forza di uscire e prendere la luce di una varietà incredibile di forme di vita vegetale. E così spesso mi capita di avere un conflitto interiore che mi mette un po’ in difficoltà: due vocine contrastanti mi frullano in testa ogni volta che mi metto di impegno nell’orto e nel giardino. Una mi ricorda la filosofia del non fare di Masanobu Fukuoka, botanico e filosofo giapponese: lasciare che la natura faccia il proprio corso perché sa autoregolarsi. L’altra ha un tono un po’ più alto e autorevole: se non lasci respirare le tue piantine difficilmente ti daranno un buon raccolto.

Un giorno mi sono decisa e ho trovato un accordo tra queste due vocine: in giardino ascolto quella più “libertaria”, nell’orto, invece, seguo quella più autorevole, anche se ogni  volta che strappo qualcosa un po’ mi dispiace.  Tra le insalate, per esempio, si affacciano timidamente, all’inizio, ma poi con una vitalità straordinaria, piccoli fili d’erba delicati che nel giro di due giorni diventano ingombranti esseri impettiti e piuttosto altezzosi che tolgono luce, nutrimento, o peggio ancora, attirano quegli insetti che sono ben felici di trovare tenere e dolci foglie verdi da mangiare. Con il tempo ho imparato a riconoscere quelle che devo proprio estirpare, ma faccio molta attenzione perché cerco di salvare alcune piante selvatiche spontanee buonissime che rendono ancora più gustose le insalate. O che opportunamente spostate abbelliscono l’orto.

La portulaca per esempio: una piccola pianta succulenta dalle foglie carnose. È una specie rustica che sopporta aridità, temperature elevate e sole diretto. Per questo l’uomo la utilizza da tremila anni come fonte di sostentamento. Inizialmente veniva distribuita ai maiali; il termine portulaca infatti deriva proprio dal latino porcus, maiale, e significa l’erba dei maiali. Poi l’uomo ha iniziato a utilizzarla come cibo per sé perché ha scoperto quanto fosse saporita e nutriente. Infatti è ricca di vitamina C, di minerali e soprattutto di omega-3. E poi è bellissima con quei fiorellini di un colore rosa acceso. Spesso la si trova nelle serre: è molto apprezzata, infatti, perché non richiede molta attenzione e regala fiori colorati che sul balcone fanno allegria. Quando nell’orto vedo che sta per spuntare la portulaca, la raccolgo con attenzione e la pianto in uno spazio che le ho dedicato in modo che possa espandersi in tutta la sua bellezza e generosità.

Lo stesso faccio con la borragine che regala deliziosi fiorellini commestibili rosa e azzurri a forma di stella, perfetti per insaporire e decorare le insalate estive. Poi ci sono i nasturzi: il loro colore del sole è una gioia per gli occhi di chi si siede a tavola. Questo trattamento di riguardo in verità è riservato a poche erbe che trovo nell’orto, tutte le altre finiscono nel recinto del compost.

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Vita in campagna nel Casentino, dorifore nel nostro campo di patate – Foto di Serena Betti

Un’attività che mi impegna parecchio in questo periodo è controllare quasi quotidianamente le patate perché questa gustosissima solanacea  non piace tantissimo solo a noi. C’è un coleottero molto elegante che ne è assolutamente ghiotto. La dorifora, con il suo outfit gessato, righe nere su base bianca, e un delizioso musetto arancione, ama accoppiarsi sulle foglie, depositare un numero spropositato di uova arancioni sulle foglie stesse, anzi, sotto, e poi ovviamente mangiarle. Sono davvero astuti questi insetti perché camminando tra le file di patate non si vede nulla. Bisogna chinarsi e controllare foglia per foglia. Come avrete certamente capito non usiamo prodotti chimici, ma la dorifora è una iattura e bisogna affilare le armi: un paio di guanti e due sassolini piatti. Mi rimbocco le maniche e, accovacciata, perlustro ogni piantina e quando trovo una coppia di deliziosi animaletti che se la spassa allegramente, o una nuvola arancione sotto le foglie, uso i sassolini per schiacciare. Lo confesso, questa strage non mi fa particolarmente onore e tantomeno piacere, ma mi concentro sul raccolto, sulla bontà delle patate, sulla soddisfazione di vedere quei tuberi gustosi quando li raccogliamo dalla terra in agosto e ogni remora se ne va. Certo, la schiena ne risente e a volte torno a casa un po’ curva e stanca, ma con un grande sorriso per la gioia che ho provato immersa nel silenzio, con la testa libera dai pensieri in un posto pieno di vita e di bellezza.

Serena Betti

In alto: Vita in campagna nel Casentino, il nostro campo di patate – Foto di Silvana Jaulus

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