Odio i dormienti, la seduzione dell’opera di Violette Leduc. II parte

Violette Leduc
Seconda lettura alla scoperta della scrittrice francese che preferiva l’amore al successo e coltivava la sua vocazione al dolore con gli amori infelici.  (I parte)

Violette Leduc (Valenciennes 1907 – Faucon 1972) è una scrittrice francese. Figlia illegittima di una cameriera e di un uomo che non l’ha mai riconosciuta, si accolla un bagaglio di colpa e di solitudine che non riuscirà a colmare. Si presenta come La bastarda, titolo del libro che, finalmente, le diede la fama tanto cercata e tanto meritata. Le sue opere sono tutte a carattere autobiografico, mezzo utilizzato per costruire la propria identità femminile. Identità che ritrova attraverso l’analisi dell’infanzia, vissuta accanto a una madre autoritaria e ferita, che lei ama appassionatamente, e della sua omosessualità. Nel corso della sua vita scoprì di avere un grande talento che riversò in una scrittura diretta, dolorosa, in cui il desiderio femminile veniva raccontato senza pudori borghesi; negli anni ’60 rivoluzionò il modo di raccontare la sessualità.

Dalle parole di Violette: «Ho cercato di essere franca, perché non c’è nessuna ragione che sia riservato agli uomini di parlare delle questioni intime. D’altronde, quando scrivo, posso raccontare tutto, niente m’imbarazza. È perché non penso al lettore. Sono sola con me stessa. Dico tutto, ma mi sforzo di metterci del gusto, del tatto: lo faccio per me…».

Violette è anche il titolo del film di Martin Provost dedicato alla sua vita e al suo rapporto con Simone de Beauvoir durante il dopoguerra. Relazione che fu alla base della svolta decisiva nella vita dell’artista. Le due donne vivranno una lunga relazione fondata su una grande passione e sulla ricerca della libertà nella scrittura.

Per La prosa nel dì di domenica, Serena Betti legge per noi un breve estratto da Odio i dormienti di Violette Leduc.

«[…] È nella notte buia che ho scoperto la vera altezza del cielo e che sono ricaduta sul tesoro delle fragole. È in ogni tenera notte durante le gelate che, nei prati attraversati, ho sentito propagarsi uno scricchiolio d’incendio sotto i miei i miei piedi. […] Se io vi svegliassi, se vi proclamassi che la notte è pronta a lasciarsi penetrare, voi mi accordereste appena uno sguardo di sufficienza e poi vi riaddormentereste. Non ne sareste desolati. Vi odio cadaveri incompleti. Mancate di freddezza nella rigidità. È dentro il ventre caldo che si forma il potente giro di amarezze. Morire e rinascere. Rinascere e morire. È la cadenza, è l’ambizione carnale, è la fiera del sesso.»

Debora Menichetti

Foto in alto: Violette Leduc

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