Grandi artiste e dove trovarle: la grazia cristallina di Giovanna Garzoni

Nata da una famiglia di artisti veneziani, Giovanna Garzoni si impose come autrice di ritratti, miniature e nature morte.

Cresciuta in una famiglia di pittori e orafi, dalle Marche Giovanna Garzoni (Ascoli Piceno, 1600 – Roma, 1670) proseguì gli studi a Venezia presso una scuola di calligrafia. Dopo un breve matrimonio con il miniaturista Tiberio Tinelli, dal quale la separò probabilmente un precedente voto di castità, si spostò presso corti italiane e internazionali. Con una mobilità che di rado si riscontra in un’artista del tempo. Anche se spesso fu il fratello Mattio ad accompagnarla.

La sua carriera talvolta si incrociò con quella di Artemisia Gentileschi. Pare che ambedue fossero a Firenze al servizio dei Medici agli inizi del Seicento. Poi a Venezia. In seguito a Napoli, dove ebbero contatti con il viceré di Spagna, duca di Alcalà. Da qui Giovanna si spostò a Roma – città del cuore, dove sarebbe tornata più volte – e a Torino, al servizio di Cristina di Francia, duchessa di Savoia.

Donna di cultura, Garzoni ebbe contatti epistolari con numerosi intellettuali. Tra cui il collezionista Cassiano del Pozzo, membro dell’Accademia dei Lincei e altra conoscenza che la accomuna alla Gentileschi. E con papa Urbano VIII Barberini.

Dopo un viaggio a Parigi e Londra, fu di nuovo a Firenze. Sembra che sia stato proprio su commissione medicea che Giovanna cominciò, già in in età giovanile, a produrre le delicate immagini di vasi, fiori, insetti che l’hanno resa celebre.

Giovanna Garzoni, Vaso di fiori con pesca e farfalla, tempera, Firenze, Galleria degli Uffizi
Giovanna Garzoni, Vaso di fiori con pesca e farfalla, tempera, Firenze, Galleria degli Uffizi

Ne rimane uno splendido esempio, il Vaso con fiori, pesca e una farfalla (circa 1647, tempera e penna nera su vellum, 65,8 x 47.9 cm) al Gabinetto di disegni e stampe della galleria degli Uffizi. Nel 2020 la galleria le ha dedicato una mostra a cura di Sheila Baker. La natura morta allude alla caducità della vita senza il dramma di una vanitas, ma in virtù dell’aria impalpabile di piante e animali. Che hanno tutto l’aspetto di poter evaporare e sciogliersi nell’etere da un momento all’altro.

Garzoni trascorse gli ultimi anni di vita a Roma dove prese parte agli incontri dell’Accademia di San Luca alla quale lasciò il proprio archivio e beni.

Un ritratto (o, più probabilmente, un autoritratto) di Garzoni compare sul frontespizio di Piante varie, l’herbarium da lei illustrato per il farmacista Enrico Corvino, scienziato in rapporto con figure chiave dell’Accademia dei Lincei, e attualmente conservato presso la Durbanton Library di Washington D.C. Probabilmente l’opera fu ispirata sia ai Commentarii del medico e botanico senese Pier Andrea Mattioli, pubblicati a Venezia nel 1565, che dalla diretta osservazione delle piante raffigurate.

Legata al tardomanierismo, con influenze della pittura fiamminga e del Nord Italia, Garzoni sviluppò uno stile minuzioso e al contempo delicato, fresco. Capace di esprimere gli effetti di luce sui vetri, la croccantezza della frutta, l’iperrealismo delle superfici levigate. Perfino la fragranza dei fiori. Il tutto in un’atmosfera di perfezione rarefatta, con effetti non lontani da quelli di del mosaico marmorizzato. In un’epoca in cui, in maniera più evidente che nel passato, l’arte del disegno si mise al servizio delle scienze.

Silvia Roncucci

Foto in alto: Giovanna Garzoni, autoritratto – Wikimedia Commons

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