La poesia nel dì di domenica presenta la poesia di Cristina Campo

Cristina Campo
Enigmatica e riservata: la scelta di restare nell’ombra permise alla poeta di sviluppare una voce indipendente, senza compromessi.

«Io ho ridotto tutta la mia vita alla mia stanza perché tutto il lavoro è sul tavolo, e anche questo fa blocco con il resto, in un macigno che chiude la caverna.» Da quella stanza, infatti, Cristina Campo riusciva ad avere una prospettiva unica sul mondo. In quel silenzio, raffinava la sua capacità di osservare e raccontare la realtà, trovando nella solitudine una risorsa essenziale: «Tutta la mia forza è la mia solitudine, il mio andarmene sola per questi luoghi, la libertà come un coltello tra i denti.»

Era una libertà conquistata, difesa con forza, proprio come faceva la sua amata Emily Dickinson. Infatti, la poeta fece della solitudine la sua forza creativa, vivendo una vita ritirata e dedicandosi totalmente alla scrittura nella sua caverna: un rifugio spirituale e intellettuale che custodiva tutto il suo mondo creativo.

La scelta di restare nell’ombra ha permesso alla poeta di sviluppare una voce indipendente, senza compromessi. La sua esistenza è stata una continua ricerca di libertà intellettuale, una libertà che le ha consentito di leggere, tradurre e scrivere con una dedizione che rifuggiva ogni forma di vanità. Come Dickinson, Cristina Campo abbracciava il “Nessuno”, trasformandolo in una dimensione di autenticità e profondità.

Un momento cruciale della sua vita fu la morte della sua amica del cuore, Anna Cavalletti, sotto i bombardamenti. Questo segnò il punto di svolta nella sua vita, come sottolinea Cristina De Stefano nella biografia Belinda e il mostro (Adelphi): scrivevano l’una per l’altra in un’amicizia che era una comunione intellettuale e spirituale, una stima reciproca così alta che Vie, come spesso firmava le sue lettere, pensò di inserire l’amica e i suoi componimenti in un libro che purtroppo non vide mai la luce, una summa di ottanta poete e scrittrici che avevano fatto la storia della letteratura, accanto a Saffo, Emily Dickinson, Simone Weil.

Vittoria Guerrini, in arte Cristina Campo, è stata una poeta riservata e di straordinaria sensibilità. Ha vissuto una vita lontana dai riflettori, scegliendo di rimanere ai margini del panorama letterario italiano. Il suo carattere schivo e la tendenza a evitare le lusinghe del pubblico emergono chiaramente in una sua riflessione: «Se qualche volta scrivo è perché certe cose non vogliono separarsi da me come io non voglio separarmi da loro.» Questa intimità tra la scrittura e la vita riflette il profondo legame che aveva con il suo lavoro, uno spazio privato che proteggeva con cura.

Per La poesia nel dì di domenica, Serena Betti legge per noi Ora che capovolta è la clessidra di Cristina Campo. Buon ascolto.

Debora Menichetti
Foto in alto: Cristina Campo
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ora che capovolta è la clessidra

Ora che capovolta è la clessidra,
che l’avvenire, questo caldo sole,
già mi sorge alle spalle, con gli uccelli
ritornerò senza dolore
a Bellosguardo: là posai la gola
su verdi ghigliottine di cancelli
e di un eterno rosa
vibravano le mani, denudate di fiori.

Oscillante tra il fuoco degli uliveti,
brillava Ottobre antico, nuovo amore.
Muta, affilavo il cuore
al taglio di impensabili aquiloni
(già prossimi, già nostri, già lontani):
aeree bare, tumuli nevosi
del mio domani giovane, del sole.

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