Pillole di femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #93

Paola della Mariga
Un incontro casuale in un caffè porta la protagonista a varcare la soglia di un mondo sensuale e misterioso, dove i confini tra realtà e illusione si sfumano.

Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.
Con grande piacere pubblichiamo “Illuminata” il racconto con il quale Paola della Mariga  ha partecipato alla nostra seconda call del 2024. 

ILLUMINATA di Paola della Mariga

Non c’erano motivi, apparentemente. E questa cosa mi dava un leggero disagio. Avevo bisogno di stare completamente sola. Eppure nel mio appartamento non c’era nessuno. Marito e figlio non sarebbero tornati che all’ora di cena. Ma gli oggetti, i profumi e gli scorci della casa mi avrebbero inevitabilmente riportata a loro.

Loro, a cui volevo un gran bene. Ma io avevo bisogno di stare sola.

Un caffè elegante e anche un po’ misterioso. Poca gente annebbiata dai troppi pensieri. Una tisana bollente da sorseggiare. Mezz’ora. Un’ora. Forse sarei riuscita a farla durare oltre.

Un uomo e una donna all’angolo estremo mi osservavano. Guardavano me e parlavano a monosillabi, a cenni del capo. Lui poteva avere sessant’anni ma portati con maestria: elegante, abbronzato, lunghi capelli ordinati e argentati. Lei, venti di meno, con capelli nerissimi e corti. S’intravedeva un fisico perfetto, invidiabile nella sua evidente carnalità che altro non era che una sensualità portata agli estremi.

Un piccolo sorso di tisana con conseguente godimento del labbro superiore, scottato dal liquido profumato. Lui si alzò e, con studiata lentezza, venne verso di me.

«Mi conosce» dissi tra me «non mi dice nulla, ma lui sa chi sono.»

La solitudine era già finita. Arrivò al tavolo, il sorriso era senza dubbio affascinante, carismatico.

«Mi scusi, signora. Non mi prenda per importuno o per maleducato ma solo che… mia moglie vorrebbe conoscerla.»

Lo guardai stupefatta, pronta a chiederne il motivo.

«È timida. Quindi mi tocca occupare la sua ritrosia. Il suo naturale riserbo.»

Allargai le braccia: «Ma io…»

«Non pensi male, la prego. Non è un goffo tentativo di aggancio. Io me ne vado. Mia moglie è là. Se vuole, l’aspetta. Altrimenti non mi resta che scusarmi ancora.»

Mi tese la mano insinuando un accenno d’inchino e se ne andò davvero. Uscì, nel cuore rumoroso della città. Io non capivo e quindi ero come paralizzata. Si avvicinò lei, con la stessa studiata lentezza del marito ma, al contrario dello stesso, si sedette accanto a me sussurrandomi: «Elsa. Mi chiamo Elsa.»

«Bianca. Ma…ci conosciamo?»

«Non abbia paura. E solo che, in questa vita impoverita, io cerco sempre rimedio nel fascino altrui. E lei… e tu, ne hai da vendere.»

«La ringrazio. Mi scusi, ma è la prima volta che…»

«La prima volta? Stento a crederlo. Vieni, andiamo fuori. Usciamo da questo profumo di brioches mattutine. Hai tempo per me?»

Sarebbe bastato un semplice no, senza nessun bisogno di accampare scuse e mi sarei tirata fuori dall’imbarazzo. Eppure non ne fui capace, semplicemente perché non volevo dire di no. Il subliminale, l’incosciente ebbero il sopravvento.

La seguii e uscimmo a respirare un’aria non limpida ma egualmente fresca accompagnate dal coro di strani uccelli di cui non ricordavo l’esistenza.
Per dire qualcosa le chiesi di cosa si occupasse.

«Vivo. Ed è un lavoro piuttosto complicato.»

Cosa potevo ancora chiedere? Cosa mai potevo aggiungere?

«Ti mostro il giardino interno al mio palazzo. È qui vicino.»

Lo raggiungemmo in un attimo. Il palazzo risorgimentale all’esterno era molto austero. Ero passata diverse volte lì davanti e mai mi sarei immaginata di vedere un parco di forma rotonda delimitato da aiuole e alberi secolari in un tripudio di camelie, aceri, edere e pitosfori odorosi. In un angolo, una piccola ma luccicante piscina.

Elsa non volle sapere niente di me, tranne il mio nome.

«Sai, Bianca, cosa intendo per vivere? Io non mi oppongo mai a niente, mi lascio trascinare dai sensi. Non recido le mie sensazioni, ne morirei come se mi tagliassi le vene. Lascio circolare ogni desiderio in me. È il mio modo di essere, di vivere. La mia sola opportunità. Mio marito è come me. Non mi chiede, non gli chiedo nulla. Non ci disperdiamo in inutili gelosie. E, soprattutto, non fingiamo. Non sappiamo cosa siano le ossessioni e le angosce. Ho smesso persino di entusiasmarmi. Non ne ho più bisogno. Ti piace?»

«È tutto meraviglioso» balbettai.

«No. Intendevo se ti piace come sono.»

«Credo di sì. Anche se non sarei capace di fare come te.»

Elsa sorrise: «Fai un bagno?»

Faceva caldo, in effetti.

«Non mi porto il costume a colazione.»

«Il costume? Non ce n’è bisogno» e si spogliò velocemente.

Un fisico perfetto. Snello e ben modellato. Un seno splendido e un incarnato invidiabile. Così come i glutei, le gambe, la vita.

Mi spogliò con le sue mani: «Coraggio! Un bagno in piscina. Cos’altro chiedere di meglio!»

Poi chiusi gli occhi o forse li tenevo aperti ma come sotto anestesia. Non so bene cosa accadde. Esistevo solo nelle sue verità. La mia non la conoscevo più. È come se sapesse tutto di me, anche le cose che io stessa ignoravo. Il rovesciamento perfetto della realtà.

Uscii che era pomeriggio inoltrato. Mi aveva liberata da ogni orpello e non solo dai vestiti. Le sue mani, la sua lingua, forse erano solo un’illusione.

Ero ritornata adolescente. Non è la verità a essere vera. La verità è solo quella virtù che non conosciamo e che ci manca sempre.

Tornata a casa non c’era ancora nessuno.
Mi misi a piangere dalla felicità.

Paola della Mariga

In alto: elaborazione grafica di Erna corsi

© RIPRODUZIONE RISERVATTA

Paola della Mariga vive e lavora a Piacenza. Giornalista Pubblicista dal 1987, dal 1994 è insegnante di scuola primaria. Nel 2014 ha esordito con il romanzo Nature vive (Ed. L.i.r.). Nel 2015 ha ideato e curato, con l’artista Joe Colosimo, la mostra-progetto contro gli stereotipi di genere Minou, il filo amico. Con il suo secondo romanzo, Baby rosa gang (Scatole Parlanti, 2021) è chiamata ad intervenire nelle scuole secondarie per parlare di disagio giovanile.

Se questo articolo ti è piaciuto condividilo

4 commenti su “Pillole di femminile – Storie piccole che raccontano un mondo grande #93”

  1. Bellissimo racconto.Ricco e leggero come una carezza in un sogno.Paola come sempre racconta storie scomode con una delicatezza e una freschezza che ti fanno venire il desiderio di conoscere il seguito.

  2. Paola riesce ad esprimere la sua sensualità anche nella scrittura. Racconta, in modo realistico, non solo i luoghi, ma anche i protagonisti dei suoi racconti avendo sempre cura di sottolineare la parte intima delle persone. Il lettore rimane attaccato al racconto fino alla fine perché Paola centellina, pensiero dopo pensiero, piccole “pillole” che completano i protagonisti delle sue storie. Brava!

  3. Un racconto bellissimo, dolce e ricco di piacevoli sensazioni. Ho avuto il piacere di leggere i libri di Paola della Mariga e in entrambi, nonostante le storie diverse tra loro, i protagonisti sono descritti non solo nella loro vita quotidiana ma nel loro modo di essere più intimo e profondo. Inevitabilmente ci si affeziona ad uno o più di essi quasi facessero parte della nostra vita.

  4. Dario Draghi

    Riuscire ad esprimere sensualità senza arrivare al “troppo esplicito” o, al passo successivo, al volgare, non è da tutti… brava Paola!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Solve : *
5 × 15 =