La poesia nel dì di domenica: di nuovo insieme con Amelia Rosselli

Amelia Rosselli
Poeta della ricerca, scrive versi come spartiti formati da parole. La sua sofferenza risuona attraverso la musicalità della parola.

Il primo amore di Amelia Rosselli è la musica. Studia teoria musicale, composizione, etnomusicologia, suona il violino e il pianoforte. Però ama anche la lingua, le parole, e unisce questi due suoi amori nella scrittura. Quando scrive, Amelia mette sempre in primo piano il suono, tanto che molte sue poesie sembrano nate per essere lette ad alta voce, più che con gli occhi. Ne viene fuori un linguaggio poetico molto personale fatto di parole e suoni, con il quale Rosselli crea brani poetici intensi che aprono finestre sulla sua vita.

«I miei versi poetici non poterono più scampare dall’universalità dello spazio unico: le lunghezze ed i tempi dei versi erano prestabiliti, la mia unità organizzativa era definibile, i miei ritmi si adattavano non ad un mio volere soltanto ma ad uno spazio già deciso, e questo spazio era del tutto ricoperto di esperienze, realtà, oggetti, e sensazioni.» Spazi Metrici, 1962, in Variazioni belliche, 1964.

Amelia Rosselli si presenta come una poeta complessa e intrigante. Più mi addentro nel suo mondo e più mi affascina. Nel corso delle mie ricerche mi sono imbattuta in un articolo curioso che lega il suo linguaggio poetico alle modalità espressive della musica italiana contemporanea (pop, rap e trap), erede inconsapevole dell’espressione linguistica della poeta.

Della poeta avevamo già proposto, nella nostra rubrica di poesia, Se non è noia, è amore e C’è come un dolore nella stanza. Questa domenica la scelta si è diretta su un suo componimento senza titolo estratto da Variazioni belliche, 1964, in Amelia Rosselli, Le poesie, 1977.

Per La poesia nel dì di domenica, Serena Betti legge per noi una poesia di Amelia Rosselli. Buon ascolto.

Debora Menichetti

Foto in alto: Amelia Rosselli

© RIPRODUZIONE RISERVATA

I tuoi occhi di ceramica, le tue membra lussuose
la tua vigliacca pelle fanno di me il più forte
degli schiavi d’amore. Impertinente fu la mia
vita finché si scontrò con la tua lussuria, tetto
coniugale con tutte le carte in ordine. Il disordine
della mia passione attirò il tuo petto di brace
le mie sconvolgenti frasi d’imploro commossero
i tuoi occhi pieni di lacrime, cibo preferito
degli dei scanzonati. Una canzone avvolse la
mia mira nella tua rete; tu la rompesti,
avvolgendola nel tuo cuore di uomo con tutte le
carte in un disordine tipico del tuo cuore senza
amore. Amare frasi andai ripetendo finché non ti
rintracciai sul tuo trono di viande e disperazioni.
Due azioni mi portarono vicino a te: la tua frase
ignorante e il tuo cuore di tufo, seppellito
oramai nelle mie lunghe braccia trionfanti
d’amore e di lussuria regina della notte e delle
stelle.

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