Guerra e pace: costruire una cultura pacifica e non violenta è possibile

donne costruttrici di pace - bandiera
Donne costruttrici di pace. Le voci femminili che hanno lasciato il segno lungo la strada dell’educazione alla pace.

Dove è la pace? La guerra non manca di popolare le nostre cronache con resoconti quotidiani delle ineluttabili devastazioni. Notizie e immagini che scorrono davanti ai miei occhi ogni volta ripropongono la stessa domanda: perché? La mia mente prova a capire, a cercare ragioni che non trova. Quando ci troviamo di fronte ad una questione da risolvere e proviamo e riproviamo senza trovare via d’uscita occorre domandarsi se il nostro sguardo non sia orientato nella direzione sbagliata.

Sono andata a cercare coloro che hanno avviato l’umanità verso la strada dell’educazione alla pace, disciplina sempre più diffusa. Ho scoperto che sono tante le donne che hanno dedicato la loro vita alla pace, tema poco conosciuto, nonostante ce ne sia un gran bisogno. In passato le voci femminili non sempre erano ascoltate e riconosciute, ma ci sono donne oltre il consueto che hanno lasciato il segno. Non possiamo certo scordarle.

Bertha Von Suttner è stata una scrittrice austriaca insignita nel 1905 del premio Nobel per la pace che si era doppiamente guadagnata avendo lei stessa ispirato Alfred Nobel ad istituirlo. Fu la seconda donna a vincere l’ambito riconoscimento dopo quello del 1903 assegnato a Marie Curie per la Fisica. La sua opera principale Giù le armi! pubblicato nel 1889 fu il primo bestseller su tematiche pacifiste e venne tradotto in più di venti lingue. Era sua la voce che, al Congresso per la Pace di Londra del 1908, proclamò la necessità dell’unità europea come unico mezzo contro la catastrofe della guerra.

Jane Addams scrittrice e attivista statunitense, pacifista e femminista. Fin da giovanissima voleva rendersi utile agli altri. Aveva intenzione di studiare medicina, la vita poi l’ha portata su strade diverse, ma sempre orientate ai principi etici, ai valori della democrazia e del rispetto dei diritti e delle diversità. Una donna che ha precorso i tempi di quella che oggi chiamiamo educazione interculturale e ha dedicato la vita a praticare l’inclusione. Il calendario delle conferenze che tenne in tutto il Paese e nei campus universitari fu intenso, ma si rifiutò di diventare docente universitaria preferendo mantenere un ruolo indipendente. Riteneva più importante impegnarsi nell’educazione non formale ma rivolta a tuttә. Il suo fervente impegno è stato riconosciuto nel 1931 con l’assegnazione del premio Nobel per la pace nel 1931.

Sono molte altre le donne che hanno contribuito a costruire una cultura di pace. Ricordiamo esempi come Maria Montessori, Malala Yousafzai giovanissima attivista pakistana, Madre Teresa di Calcutta, Rigoberta Menchú Tum e non possiamo certo elencarle tutte. Donne che hanno compreso come sia indispensabile individuare e lottare contro le forme di svantaggio, esclusione e discriminazione e di come sia importante l’accesso all’istruzione e all’educazione di qualità per garantire una cultura di pace.

Mi tornano alla mente le parole di Serge Latouche, economista e filosofo francese sostenitore della decrescita. Afferma che il principio maschile è orientato alla conquista, alla forzatura della natura, al potere che esalta la sua potenza e che sarebbe opportuno passare a ispirarsi al principio femminile che è quello della cura, della relazionalità e affettività. Credo nell’idea di Latouche e che sia necessario liberarsi dall’ossessione della crescita, come se qualsiasi problema potesse essere risolto aumentando la produzione e il consumo. Non sono invece così sicura che quei confini identitari di cui parla siano così netti. Penso piuttosto che le diversità debbano incontrarsi per conoscersi e poter dialogare in modo costruttivo senza vedere sempre nell’altro un nemico in una continua rivendicazione.

Gli esempi di donne e gli uomini che hanno vissuto e vivono la loro missione di pace non mancano. Fanno meno rumore di quanti continuano a diffondere quella cultura violenta e di guerra di cui tutte le nostre società sono intrise, ma ci sono e ci sono stati. Tocca a noi decidere in quale direzione guardare, andare a cercare come è possibile praticare la gentilezza e la non violenza e diffonderle. Esistono studi, teorie, modelli e pratiche che possiamo apprendere e imparare ad agire. Ormai dovremmo aver capito che un solo vincitore non è sinonimo di benessere e che se qualcuno perde in fondo un po’ abbiamo perso tuttә.

Paola Giannò

Foto in alto: Roma, la bandiera della Pace della marcia Perugia-Assisi. Marzo, 2022

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