Capelli rossi, tanta fantasia e grande senso del giusto: tutto questo è Anna

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Chiamatemi Anna, la nuova versione del classico per ragazzi, affronta temi attuali e importanti che non lasciano indifferenti.

Chi, come me, è cresciutə negli anni ’80, ha avuto un’infanzia tempestata di cartoni animati strappalacrime. Da Lovely Sara a Remì, da Heidi a Belle e Sebastien, eravamo circondatə di orfanə che dovevano affrontare persone cattive e una vita a tratti crudele. Tra questə protagonistə ce n’era una con la quale ho sempre trovato una particolare affinità, un po’ per la sua straordinaria e fervida immaginazione, un po’ per il colore dei capelli: Anna dai capelli rossi.

Qualche anno fa Netflix ha prodotto una serie composta da tre stagioni proprio ispirandosi al celebre romanzo di Lucy Maud Montgomery. La storia raccontata in Chiamatemi Anna (Anne with an “E” è il titolo originale) la conosciamo tutti molto bene, penso. Ma, secondo me, il merito di questa trasposizione va individuato nella modernità delle tematiche affrontate e nella splendida interpretazione dei protagonisti. Amybeth McNulty è catturante nei panna di Anna. Sorriso aperto, occhi grandi, capace comunicatrice di emozioni. Così come la ferrea Marilla, interpretata da Geraldine James, che ammorbidirà il suo cuore, e il silenzioso ma complice Matthew, l’ottimo R.H. Thompson.

Ci sono due temi principali attorno a cui girano gran parte delle puntate, esaminati sotto doversi punti di vista: l’accettazione del “diverso” e l’emancipazione femminile. Anna fatica a integrarsi ed essere accolta dai coetanei, così strana, così poco snob e piena di fantasia. Nella serie molti genitori la vedono come il pessimo esempio, la compagnia da vietare alle proprie figlie, mentre invece si rivelerà una ragazza pronta a tutto pur di difendere e aiutare chi ha subito un torto. La sua irruente sincerità, unita a un indomito spirito di giustizia e un’impulsività troppo istintiva, la porteranno spesso a cacciarsi nei guai. Ma, per merito degli scossoni che impone a tutti gli abitanti di Avonlea, riesce a farsi benvolere e anche ad aprire gli occhi di qualche mente antiquata.

Argomenti come il bullismo, l’integrazione razziale e l’omosessualità sono trattati in modo aperto e diretto, con una narrazione che non stanca ma che, anzi, ha da insegnare molto. Assistiamo a scene di razzismo sia verso persone di colore che verso i nativi americani, a prepotenze gratuite dei bulli di turno, alla celebrazione dell’amore come sentimento universale non stereotipato e a coming out delicati e toccanti.

Anche il femminismo è un tema che fa da sottofondo per gran parte della serie tv. Chi se non la battagliera Anna poteva dar voce alle prime rimostranze di genere? Per esempio quando si chiede perché dev’essere sempre il ragazzo a invitare o perché una ragazza non possa prendere il treno senza un maschio che la accompagni. Nel corso degli episodi e dell’arrivo di un’età più adulta, sono molti gli interrogativi che Anna si pone, soprattutto messa di fronte a sempre più pesanti differenze tra uomini e donne. La questione dell’emancipazione femminile è trattata in modo molto intelligente e non rimane circoscritta a un gruppo di adolescenti ribelli, ma si estende anche alla comunità tutta, comprese quelle donne che sono stanche di fare buon viso a cattivo gioco. In seguito a un’ingiustizia subita da una compagna di scuola (con la quale non va molto d’accordo ma che difende a spada tratta), Anna pubblica di nascosto sul giornale della scuola un articolo che sconvolge l’intera comunità.

«Le donne contano anche da sole, non in relazione a un uomo. Tutte meritiamo il diritto all’autonomia fisica e di essere trattate con rispetto e dignità. Di dire basta ed essere ascoltate, invece di venire costrette e derise e convinte che gli uomini sappiano più dei nostri desideri di noi. Non sono gli uomini che completano le donne, le donne sono già complete nel momento in cui vengono alla luce.» Questo è un estratto di quell’articolo e direi che, a distanza di quasi centoventicinque anni, non è un concetto ancora chiaro a una bella fetta della popolazione.

Chiamatemi Anna è una serie che ho amato molto. Mi sono commossa spessissimo, mi sono indignata altrettanto spesso, ho lottato con Anna in ogni sua difficoltà. Ho visto l’amore di Marilla e Matthew crescere, l’amicizia cementarsi, la solidarietà nascere. Di certo il romanzo originale non affronta i temi sociali di cui la serie si è fatta portavoce, ma direi che questa caratteristica dà un enorme valore aggiunto alla storia, la porta nell’attualità dei nostri tempi pur restando ambientata alla fine dell’800. Infine non posso non citare le meravigliose ambientazioni dell’Isola del Principe Edoardo che abbelliscono senza pari tutto quanto l’arco narrativo.

Serena Pisaneschi

Foto in alto: Amybeth McNulty nei panni di Anna – Cosmopolitan.com

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1 commento su “Capelli rossi, tanta fantasia e grande senso del giusto: tutto questo è Anna”

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