Le magnifiche diciotto: Wisława Szymborska, l’ironia del «Non so»

Wisława Szymborska - le magnifiche diciotto
La voce indimenticabile che ha esplorato le complessità dell’esistenza umana con ironia, meraviglia e la certezza che «i poeti avranno sempre molto da fare.»

Tra le magnifiche diciotto trova posto Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012). La poeta polacca è considerata una delle figure più importanti e amate della letteratura contemporanea. Premio Nobel nel 1996, con la motivazione: «per la poesia che con ironica precisione permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti di realtà umana.»

Una vita forgiata dalla poesia e dalla storia

La vita di Wisława Szymborska è indissolubilmente legata alla storia polacca del XX secolo. Trasferitasi a Cracovia nel 1931, visse in prima persona gli anni bui della Seconda guerra mondiale. Durante quel periodo, continuò gli studi liceali clandestinamente e lavorò per le ferrovie per evitare la deportazione. La sua carriera artistica iniziò proprio in questo periodo: illustrò libri e scrisse le sue prime poesie.

Dopo la guerra, la poeta si immerse nell’ambiente letterario di Cracovia. Ebbe un iniziale, seppur breve, avvicinamento all’ideologia comunista, che più tardi lei stessa definì un «peccato di gioventù», testimoniato dalla sua iscrizione al partito nel 1951 e dal suo primo volume di poesie Dlatego żyjemy (1952). Tuttavia, Szymborska si allontanò presto da ogni schieramento politico, mantenendo una lucida indipendenza intellettuale. Un gesto emblematico di questa autonomia fu la restituzione della tessera del partito comunista nel 1966. Lo fece in solidarietà con il filosofo Leszek Kolakowski. Questo le permise di dedicarsi liberamente alla scrittura e alla cura della rubrica di recensioni Letture facoltative.

Il suo vero debutto letterario e il successo giunsero con la terza raccolta poetica, Wołanie do Yeti (Appello allo Yeti), del 1957, l’opera che segnò l’inizio di una nuova stagione per la letteratura polacca. La sua vita privata fu segnata dal matrimonio con lo scrittore Adam Włodek e, dopo il divorzio, dal grande amore e compagno di oltre vent’anni, lo scrittore Kornel Filipowicz.

Il Nobel e la poetica dell’incessante «Non so»

Il culmine del riconoscimento per Wisława Szymborska arrivò nel 1996 con il Premio Nobel per la Letteratura. La poeta accolse la notizia con la sua caratteristica ironia. Il suo discorso, intitolato Il poeta e il mondo, è diventato un testo fondamentale per comprendere la sua poetica.

In questo discorso, Szymborska esplorò la natura elusiva dell’ispirazione. Affermò che questa non è un privilegio esclusivo degli artisti, ma nasce da un incessante e profondo «non so.» Per la poeta, questa curiosità e ricerca di risposte, anche di fronte alle difficoltà, è fondamentale. Contrapponendo chi «sa» – la cui conoscenza può diventare «un pericolo mortale per la società» – Szymborska esaltò le due piccole parole «non so» come «alate», capaci di estendere la nostra vita in territori inesplorati. Ogni opera, sosteneva, è un tentativo di risposta che si rivela provvisoria, spingendo a una continua ricerca.

Sottolineò inoltre che il mondo, nonostante le sue paure e indifferenze, «è stupefacente» e, nel linguaggio della poesia, «non c’è più nulla di ordinario e normale.»

Stile: ironia, semplicità e profondità

Nelle sue poesie, Wisława Szymborska prediligeva il verso libero e una grande semplicità linguistica. Utilizzava espedienti retorici come l’ironia, il paradosso, la contraddizione e la litote per esplorare temi filosofici e ossessioni profonde. Definita una «miniaturista», le sue poesie evocano ampi enigmi esistenziali e mostrano il mondo da un’ottica insolita, come in Vista con granello di sabbia.

Il suo stile si contraddistingue per «introspezione intellettuale, arguzia e la succinta ed elegante scelta delle parole.» La poeta affronta «argomenti di respiro etico che riflettono sulla condizione delle persone, sia come individui che come membri della società umana.» Non esitava a denunciare lo stato delle cose, come nel verso: «Nulla è cambiato. / Il corpo trema, come tremava / prima e dopo la fondazione di Roma, / nel ventesimo secolo prima e dopo Cristo, / le torture c’erano, e ci sono, solo la terra è più piccola / e qualunque cosa accada, è come dietro la porta.»

Eredità e opere principali

Le opere di Wisława Szymborska sono state tradotte in numerose lingue e hanno raggiunto un successo straordinario. Dopo il Nobel, pur viaggiando meno, la poeta continuò a dedicarsi alla scrittura, pubblicando volumi come Chwila (L’attimo, 2002) e Dwukropek (Due punti, 2005).

Wisława Szymborska è morta nel sonno nella sua casa a Cracovia il 1º febbraio 2012. La sua eredità letteraria continua a risuonare nel mondo, come voce indimenticabile che, con rara intelligenza e sensibilità, ha saputo esplorare le complessità dell’esistenza umana, sempre con un tocco di ironia e una profonda meraviglia. Le sue parole continuano a dimostrare che «i poeti avranno sempre molto da fare.»

Tra le sue numerose raccolte di poesie e saggi si ricordano: Dlatego żyjemy (Per questo viviamo, 1952); Wołanie do Yeti (Appello allo Yeti, 1957); Sól (Sale, 1962); Sto pociech (Uno spasso, 1967); Wielka liczba (Grande numero, 1976); Ludzie na moście (Gente sul ponte, 1986); Koniec i początek (La fine e l’inizio, 1993); Widok z ziarnkiem piasku (Vista con granello di sabbia, 1996); Chwila (L’attimo, 2002); Dwukropek (Due punti, 2005); La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009) (2009).

Cinzia Inguanta

Foto in alto: Wisława Szymborska, 17 giugno 2010, Cracovia, da Wikimedia Commons

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