Un libro e un film che raccontano razzismo e ingiustizie nell’America anni ‘30, visti con gli occhi puri della giovane Scout Finch.
La mia proposta per questo venerdì è un classico contemporaneo della letteratura americana: Il buio oltre la siepe di Harper Lee. Uscito in America nel 1960 con il titolo To Kill a Mockingbird, vince il Premio Pulitzer nell’anno successivo. In Italia è arrivato nel 1962, pubblicato da Feltrinelli, e ancora oggi continua a vendere molte copie e, soprattutto, ad appassionare i lettori.
La storia narrata nel romanzo è ambientata all’inizio degli anni ’30, in una cittadina immaginaria dell’Alabama chiamata Maycomb. I protagonisti sono due fratelli, Jean Louise “Scout” e Jeremy “Jem” Finch che, rimasti orfani di madre, vivono con il padre Atticus, un avvocato. Attorno a loro ruotano altri personaggi significativi: Calpurnia, la domestica di colore che si occupa della casa e dei ragazzi; la signorina Maudie, confidente di Scout nei momenti difficili; e Arthur “Boo” Radley, il misterioso vicino di casa che, rinchiuso da anni nella propria abitazione, alimenta la fantasia e la curiosità dei due giovani, divisi tra il desiderio di conoscerlo e il timore che suscita.
La situazione prende una svolta quando Tom Robinson, un bracciante nero, viene accusato di aver violentato una giovane donna bianca, e ad Atticus viene affidato l’incarico di difenderlo d’ufficio. A Maycomb, purtroppo, il razzismo è un vero e proprio tratto identitario, con una netta divisione basata sul colore della pelle. Sebbene il padre dei ragazzi si impegni con determinazione per difendere Tom da un’accusa ingiusta, il solo fatto di essere nero è sufficiente per ritenerlo colpevole.
Il processo a Tom Robinson rappresenta il nucleo centrale del romanzo, rivelando quanto il razzismo fosse radicato nella società americana di quegli anni. Attraverso questa vicenda, i due fratelli si confrontano per la prima volta con le dure verità del mondo degli adulti. Scout, inizialmente protetta dallo sguardo ingenuo dell’infanzia, sviluppa gradualmente una consapevolezza più matura e profonda. Jem, invece, vive l’ingiustizia con grande intensità emotiva e riflessione; la condanna di Tom lo colpisce profondamente, lasciandolo disilluso e incrinando la sua fiducia nelle istituzioni.
Accanto a loro c’è sempre il padre, Atticus, una sorta di “bussola morale” per orientarsi nel mondo. Con profonda empatia, insegna ai figli a mettersi nei panni degli altri: «Non possiamo mai capire veramente una persona finché non consideriamo le cose dal suo punto di vista […] Finché non ci mettiamo i suoi panni e non andiamo un po’ in giro così.» Le sue parole offrono una lezione di umanità e un invito a superare i pregiudizi, ricordando che difendere ciò che è giusto richiede coraggio, anche quando la sconfitta sembra inevitabile: «Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare sino in fondo, qualsiasi cosa succeda.»
Harper Lee ha uno stile limpido, diretto, ma allo stesso tempo ricco di sfumature. La scelta di narrare la vicenda dal punto di vista della piccola Scout è il vero punto di forza del romanzo. Consente, infatti, all’autrice di mostrare la brutalità del mondo adulto filtrata attraverso l’ingenuità infantile, rendendo le contraddizioni della società ancora più evidenti e dolorose.
Sono di parte, lo ammetto, ma Scout Finch è uno dei miei personaggi letterari del cuore. Sono convinta che Il buio oltre la siepe saprà conquistarvi. Incontrerete una ragazzina fuori dal comune: determinata, curiosa, ribelle. Una lettrice appassionata, pronta a sfidare le convenzioni, impulsiva e testarda, con un coraggio insolito per la sua giovane età.
In abbinamento al romanzo di Harper Lee vi consiglio anche la visione dell’omonimo film del 1962, diretto da Robert Mulligan. È disponibile a pagamento su diverse piattaforme di streaming, ma è trasmesso di tanto in tanto anche sui canali Rai. Proprio come il libro, anche la pellicola è ormai entrata a pieno titolo tra i grandi classici.
Tra gli interpreti del film spicca senza dubbio Gregory Peck nel ruolo di Atticus Finch, scelta approvata anche da Harper Lee, che si ispirò a suo padre per delineare il personaggio. Il film ricevette otto nomination agli Oscar, vincendone tre, e fu presentato in concorso al 16º Festival di Cannes, dove ottenne il Premio Gary Cooper.
Il film rappresenta uno dei rari adattamenti capaci di conservare lo spirito del romanzo, pur introducendo i tagli e gli adattamenti richiesti dal linguaggio cinematografico. L’America degli anni ’30 è ricostruita con grande cura, e anche in questa versione seguiamo il percorso di crescita di Scout e Jem, attraversato da un profondo senso di empatia.
La lunga arringa di Atticus durante il processo, della durata di circa nove minuti e girata in un’unica ripresa, rappresenta una scelta cinematografica di forte impatto. Pur restando fedele nel contenuto, non ha però un corrispettivo diretto nella narrazione del romanzo.
Una curiosità: tra Gregory Peck e Mary Badham, che interpretava Scout, si instaurò un legame profondo destinato a durare per tutta la vita. L’attrice lo invitò ai suoi matrimoni e continuò a chiamarlo affettuosamente “Atticus”, proprio come nel film. Buona visione e buon fine settimana!
Sara Simoni
Foto in alto: immagine dal film (da hotcorn.com)
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