Le magnifiche diciotto: Nelly Sachs, la voce dell’anima del popolo ebraico

Nelly Sachs
Nobel per la Letteratura nel 1966 «per la sua scrittura lirica e drammatica eccezionale, che interpreta il destino d’Israele con resistenza commovente.»

Nella prestigiosa lista delle magnifiche diciotto, Nelly Sachs spicca per la sua profondità e resilienza. Poeta e scrittrice tedesca naturalizzata svedese, Sachs ha ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura nel 1966, condiviso con Shmuel Yosef Agnon. Il riconoscimento è stato assegnato «per la sua scrittura lirica e drammatica eccezionale, che interpreta il destino d’Israele con resistenza commovente.»

La sua vita, segnata da persecuzioni ed esilio, si è trasformata in un inno alla rinascita. In questo percorso, un ruolo cruciale è stato giocato da un’altra straordinaria donna: Selma Lagerlöf.

Giovinezza e il fascino di Selma Lagerlöf

Nelly Sachs è nata a Berlino il 10 dicembre 1891. Era figlia unica di Georg William Sachs e Margarete Karger, entrambi ingegneri e produttori di manufatti in gomma di religione ebraica. La sua giovinezza trascorre in un ambiente benestante. Tuttavia, la sua costituzione fragile la costringe a seguire lezioni private prima di frequentare un liceo femminile.

Fin da bambina, Nelly aspira a diventare ballerina, ma con il tempo sviluppa una profonda passione per la lirica tedesca e la composizione di poesie. Un momento decisivo nella sua formazione è stata la scoperta, all’età di quindici anni, del romanzo La saga di Gösta Berling di Selma Lagerlöf, che l‘ha affascinata profondamente e ha dato il via a un fitto scambio epistolare che è durato per oltre trentacinque anni con la celebre scrittrice svedese. Questo legame, nato da una profonda ammirazione letteraria, si sarebbe rivelato un’ancora di salvezza in uno dei momenti più bui della storia.

La fuga dall’Olocausto: Selma Lagerlöf, la salvatrice

Con l’ascesa del nazionalsocialismo e l’aggravarsi delle persecuzioni contro gli ebrei, Nelly Sachs e sua madre (il padre era morto nel 1930) decidono di abbandonare la Germania. È in questo frangente disperato che Nelly Sachs si rivolge alla sua ammirata Selma Lagerlöf.

Nell’estate del 1939, un’amica di Nelly, Gudrun Harlan, si reca in Svezia per ottenere un visto d’ingresso con l’aiuto di Selma Lagerlöf. Lagerlöf, già anziana e in condizioni di salute precarie, si adopera per avviare le procedure necessarie per il trasferimento di Sachs e sua madre. Purtroppo, la grande scrittrice svedese morirà prima che Nelly e la madre arrivino in Svezia.

Nonostante la perdita della sua benefattrice, il loro arrivo a Stoccolma, nella primavera del 1940, avviene appena in tempo per sfuggire all’ordine di deportazione in un lager. Come Nelly Sachs stessa ha ricordato nel suo discorso di accettazione del Nobel, descrivendo la Svezia: «Respiravo aria di libertà: non conoscevo nessuno, non sapevo la lingua.» Questo gesto di altruismo di Selma Lagerlöf è stato letteralmente la salvezza della vita di Nelly Sachs e di sua madre.

le magnifiche diciotto
Le magnifiche diciotto Nobel per la letteratura

L’esilio, la rinascita poetica e il Nobel

In Svezia, Nelly Sachs e sua madre vivono inizialmente in condizioni di povertà in un monolocale nel sud di Stoccolma. La scrittrice si prende cura della madre anziana, lavorando anche come lavandaia. Solo nel 1953 ottiene la cittadinanza svedese.

L’esilio, seppur doloroso, diventa un catalizzatore per la sua evoluzione poetica. Iniziato a imparare lo svedese e a tradurre la lirica svedese moderna. Questa attività le permette di acquisire nuove capacità espressive e di allontanarsi dal suo precedente stile romantico.

Dopo la guerra, la sua poesia diventa la voce straziante dell’Olocausto. Con uno stile «altamente emozionale, aspro e sottile», Sachs descrive le atrocità subite dal popolo ebraico. Il suo biografo, Walter A. Berendsohn, l’ha definita «la prima scrittrice che ha fatto dei camini di Auschwitz il tema dei suoi versi.» 

Le sue opere mature, come In den Wohnungen des Todes (Nelle dimore della morte) del 1947, sono permeate da immagini di dolore e morte, rappresentando un lamento per il suo popolo. Trae ispirazione dai testi biblici, in particolare dal Libro di Giobbe, e da testi mistici ebraici come le Storie e leggende chassidiche di Martin Buber e lo Zohar.

La morte della madre nel 1950 segna l’inizio di crisi psicologiche che la portano a trascorrere lunghi periodi in sanatori mentali a Stoccolma. Nonostante le difficoltà, la sua corrispondenza con il poeta Paul Celan, iniziata nel 1954, è per lei «un ancora di salvezza dall’abisso del passato.» Sente con Celan una profonda «affinità di anima e di destino».

Il Nobel e l’eredità immortale

Il culmine del suo riconoscimento arriva il 10 dicembre 1966, il giorno del suo settantacinquesimo compleanno, quando riceve il Premio Nobel per la Letteratura insieme a Shmuel Yosef Agnon. Nel suo discorso di accettazione, Nelly Sachs si sente come in una “favola”, ripercorrendo la sua vita e rinnovando la sua eterna gratitudine a Selma Lagerlöf. La sua profonda umiltà e il desiderio di “sparire dietro la sua opera” l’hanno contraddistinta sempre.

Nelly Sachs muore di cancro a Stoccolma il 12 maggio 1970, lo stesso giorno del funerale di Paul Celan, che si era gettato nella Senna ad aprile. La sua poesia, definita «tragica, accusatoria e illuminante», continua a risuonare, «una voce, un sospiro per coloro che vogliono ascoltare.»

Nelly Sachs è stata una testimone indimenticabile e una voce profetica del destino del popolo ebraico. Il suo cammino verso la salvezza è stato, in parte, illuminato dalla luce di un’altra grande scrittrice: Selma Lagerlöf.

Cinzia Inguanta

Foto in alto: Nelly Sachs – Pubblico dominio

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