La poesia nel dì di domenica: “Sanatorio“ di Katherine Mansfield

Katherine Mansfield
«Se mi fosse concesso di gettare un solo grido verso Dio, sarebbe questo: Io voglio essere VERA.»

Sono le parole che poco prima di morire la scrittrice scrisse al marito, il critico Murry, in una delle Lettere, ristampate da Elliott editore nel 2016. «La Mansfield era una donna che amava la vita, la natura, gli oggetti, ma diffidava delle persone ed ebbe sempre un rapporto conflittuale con il prossimo. In molte sue storie accanto a una visione gioiosa e serena delle bellezze della natura troviamo uno sguardo spietato verso il mondo degli esseri umani, pieni di piccole ridicole vanità, grettezze e assurde meschinità. Convinta che nessuno potesse comprenderla veramente, amava dire: “Nessuno sa dove sei, nessuno ha la più vaga idea neppure di chi tu sia…”

Già la prima raccolta, In una pensione tedesca pubblicata nel 1911, presenta piccole storie in apparenza semplici, ma in cui viene messo a nudo con pochi tratti di graffiante ironia tutto il vuoto e la superficialità di certe convenzioni borghesi. E in molti racconti successivi ritroviamo situazioni apparentemente serene che però la Mansfield riesce a mandare in frantumi attraverso un semplice gesto di un personaggio, una frase rimasta a metà, un piccolo episodio apparentemente insignificante. Sta qui la sua vera grandezza. In questa straordinaria capacità di svelare le ambiguità della vita e dell’animo umano, di gettare una luce improvvisa sulle incrinature invisibili che covano sotto la banale superficie. Non ha bisogno di raccontarci i dettagli, le basta rivelare le crepe. La sua è un’arte sottile…»

Con queste parole Silvano Calzini descrive nel suo articolo pubblicato su Pangea, Rivista avventuriera di cultura & idee, la grande scrittrice neozelandese che ha avuto una vita breve, ma molto intensa e tormentata. La poesia di oggi, il cui titolo originale è Sanatory, si trova sul web con traduzioni differenti. Noi abbiamo scelto quella curata da Marcella Corsi per la raccolta Il vento il riso il volo (Galaad edizioni, 2010) ed è, come sempre, accompagnata dall’elaborazione video realizzata da Debora Menichetti.

Serena Betti

Foto in alto: Katherine Mansfield

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Sanatorio

Oltre la palizzata fitta di palme luccicanti
la piccola stanza rovente guardava sulla baia.
Lì avrebbe voluto riposare nell’ardore del giorno
la testa bruna abbandonata sulle braccia
tanto quieta e silenziosa che non sembrava
pensasse sentisse nemmeno che sognasse.

La tela scintillante del mare pendeva
dal cielo abbagliante ed il sole ragno
con diligente spaventevole crudeltà
strisciava sul cielo e filava, filava
perfino ad occhi chiusi lo vedeva e le barche
piccole prese nella rete come mosche.

A quell’ora pigra nessuno passava sulla strada
polverosa, un odore di mimosa morente
s’allungava nell’aria ma dolce – troppo dolce.

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