La poesia nel dì di domenica: “Ognuno vuole avere il suo dolore“ di Silvia Bre

Silvia Bre
Una delle voci più interessanti e originali della poesia italiana che ha tradotto e pubblicato testi di alto valore editoriale.

Silvia Bre, protagonista oggi della nostra rubrica, è nata a Bergamo nel 1953. La  sua prima raccolta di poesia, I riposi, ed. Rotundo, è del 1990. Undici anni dopo ha vinto il Premio Montale con Le barricate misteriose, edito da Einaudi e nel 2006, con l’edizione Nottetempo, è uscito Sempre perdendosi.

Nel 2007 ha pubblicato Marmo, con cui l’anno successivo ha vinto il Premio Viareggio, nel 2015 La fine di quest’arte e nel 2022 Le Campane. Con questa raccolta, pubblicata da Einaudi come le due precedenti, è entrata nella cinquina dei finalisti del Premio Strega 2023, l’edizione che ha premiato Vivian Lamarque.

Sempre nel 2022 ha pubblicato con Vallecchi Mistero: partendo dai miti greci, che celebravano i Misteri, le feste sacre dedicate a Dioniso, e passando per la filosofia, l’autrice ha sondato il significato più profondo di questo termine e il suo rapporto con le parole.

Bre ha avuto anche molti riconoscimenti come traduttrice. Si devono a lei infatti le traduzioni di poesie di Emily Dickinson, Vita Sackville West e Robert Frost, testi di Doris Lessing, Margaret Atwood e moltə atrə autorə.

Oggi ascoltiamo le sue parole in una poesia che abbiamo scelto dalla raccolta Marmo, accompagnate dall’elaborazione video curata da Debora Menichetti.

Serena Betti

Foto in alto: Silvia Bre dal sito luigiasorrentino.it

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ognuno vuole avere il suo dolore
e dargli un corpo, una sembianza, un letto,
e maledirlo nel buio delle notti,
portarlo su di sé tenacemente
perché si veda come una bandiera,
come la spada che regala forze.
Ma c’è persa nell’aria della vita
un’altra fede, un dovere diverso
che non sopporta d’esser nominato
e tocca solamente a chi lo prova.
È questo. È rimanere
qui a sentire come adesso
l’onda che sale nelle nostre menti,
le stringe insieme in un respiro solo
come fosse per sempre,
e le abbandona.
Ma nemmeno la pupilla d’un cieco
dimentica l’azzurro che non vede.

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