Lo sguardo di Lee Miller catturò le immagini più crudeli della Seconda guerra mondiale

Lee Miller
Pioniera del surrealismo in fotografia, fotoreporter e scrittrice per Vogue come corrispondente di guerra dell’esercito degli Stati Uniti.

Modella, fotografa, musa, dimostrò di essere una donna piena di coraggio e decisione. Lee Miller fotografò il caos, il dolore, la disperazione, la morte e le gioie delle vittorie della guerra. Una donna oltre il consueto che ha lasciato un segno nella storia, rappresentato dalle tante foto che ha scattato nella sua intera vita.

Lee Miller fu la prima donna reporter di guerra che documentò gli orrori dei campi di concentramento liberati dalle truppe americane. Quando ne varcò la soglia quello che vide segnò per sempre la sua vita. Nel telegramma, alla sua redattrice, con i rullini degli scatti di Buchenwald e Dachau scrisse: «Credetemi, è tutto vero!» Attraverso le sue foto ha lasciato un racconto surrealistico dell’aberrante fabbrica di morte ideata dal Terzo Reich.

Quando iniziarono i bombardamenti viveva a Hampstead, a nord di Londra con Penrose il suo ultimo marito. Miller decise di intraprendere una nuova carriera nel fotogiornalismo come fotografa di guerra ufficiale per Vogue. «Voglio vedere le cose da vicino, voglio sporcarmi le mani. Ho bisogno di emozioni forti e non ho paura di nulla» con queste parole Miller spiegò la sua decisione di scendere in prima linea come corrispondente di guerra. Dopo aver documentato il Blitz nella capitale del Regno Unito, nel 1944, si spostò in Europa lavorando per British Vogue documentando i crimini di guerra commessi dai nazisti.

Viaggiò in tutta Europa, lavorando per le forze alleate e collaborando con il collega fotografo americano David E. Scherman, corrispondente della rivista Life. Tra il 1939 e il 1945 Miller e Scherman documentarono gli orrori della guerra grazie ai loro scatti audaci, arrivando per primi in territori inesplorati e segnando per sempre la storia della fotografia. La loro divenne una missione per raccontare le verità nascoste del Terzo Reich, insieme fotografarono i soldati morti nei canali di scolo, i mucchi di cadaveri abbandonati, i treni che arrivavano carichi di condannati e i forni crematori con i resti dei corpi bruciati.

Lee Miller non aveva davvero paura di nulla e infrangeva spesso il divieto di rimanere in prima linea durante gli scontri. Fu l’unica fotografa donna a seguire gli alleati durante il D-Day e a documentare le attività al fronte durante la liberazione. Ha seguito la guerra in diversi luoghi, dalla Normandia alla liberazione di Parigi, all’assedio di St. Malo, ai combattimenti in Lussemburgo e in Alsazia.

A Vienna, ha fotografato il suicidio di gruppo del tesoriere di Lipsia e della sua famiglia dopo la caduta della città, ha scattato istantanee delle cataste di cadaveri nei campi di concentramento di Buchenwald e Dachau dopo la loro liberazione. Sono proprio queste le immagini scioccanti, scattate dalla Miller, che le permisero di essere riconosciuta come una delle fotografe più importanti del XX secolo.

Alla fine della guerra Lee Miller torna ad una vita normale lasciando anche il suo lavoro di fotografa. Non riesce più ad occuparsi di moda dopo essere stata testimone dei campi di sterminio. Soffre di depressione cronica da disturbo post-traumatico dovuto agli orrori a cui aveva assistito nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Si rifugia spesso nell’alcool e nasconderà in soffitta il suo passato: foto, articoli e ricordi delle sue vite precedenti. Muore di cancro a Chiddingly il 21 luglio 1977.

La storia di Miller è rimasta sconosciuta fino a pochi decenni fa, quando Antony Penrose, il figlio, scoprì il suo vasto repertorio di circa 80mila fotografie nella soffitta della casa di famiglia. Il ritrovamento trasformò il modo in cui Anthony Penrose vedeva sua madre e da allora ha dedicato gran parte della sua vita a condividere e celebrare i suoi successi: «Fino ad allora, l’avevo vista come una donna isterica e imbevuta di alcool. Ho dovuto rivalutare il mio intero atteggiamento nei suoi confronti.»

Dalla scoperta delle sue foto nel 1977, gran parte del suo lavoro è ora archiviato online e spesso ci sono mostre delle sue foto in tutto il mondo. Nel 1985 fu pubblicata la biografia The Lives of Lee Miller scritta da Anthony Penrose, da cui è tratto il film Lee, presentato di recente al Toronto International Film Festival (TIFF), in cui il suo ruolo viene interpretato dall’attrice inglese Kate Winslet.

Una vita straordinaria quella di Lee Miller che meritava e merita di essere raccontata e ricordata. Ed è attraverso mostre in tutto il mondo, libri e film che questa eroina ha il giusto riconoscimento per aver avuto il coraggio di catturare la verità attraverso foto surrealistiche. Una delle foto più iconiche, direi la più celebre è quella scattata dal suo collega, David E. Scherman, alla fine della guerra nella vasca da bagno di Hitler.

È proprio questa foto ad ispirare il libro, La vasca del Führer (Einaudi editore), pubblicato nel 2020. L’autrice, Serena Dandini, si immerge nella storia di Elizabeth Miller, ripercorrendo le fasi più salienti della sua vita. Dalle origini borghesi, i traumi infantili, l’incontro fortuito con Condè Nast, uno degli uomini più influenti dell’editoria americana, la prima copertina per Vogue nel marzo del 1927, che sancisce l’avvio di Miller nel mondo della moda, fino alla carriera di fotografa e il successo come fotoreporter di guerra. Nel romanzo, Serena Dandini, con l’aiuto di archivi storici e fotografici, racconta la vita di una donna affascinante, avventurosa, irrequieta, instabile; musa di Man Ray, amica di Pablo Picasso e Max Ernst.

Debora Menichetti

In alto: Lee Miller nella vasca da bagno di Adolf Hitler – Foto di David E. Scherman

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