Vita in campagna. Appunti di viaggio di una cittadina in trasferta #7

Vita in campagna, giuggiolo - Foto di Serena Betti
Alcune cose belle dei primi freddi? Il camino acceso, i funghi e i gatti che ritrovano il piacere di stare intorno a casa.

L’autunno è arrivato e si è annunciato in modo piuttosto violento. Evidentemente si era stancato di aspettare, stava scalpitando ed è letteralmente sbottato. Tuttə coloro che lo aspettavano hanno dovuto ricredersi: purtroppo ha fatto parecchi disastri, soprattutto qui in Toscana, lasciando disagi, distruzione e segni che difficilmente si potranno dimenticare. Noi siamo stati fortunati. La tromba d’aria che ha colpito in tarda serata la nostra zona si è “limitata” a lasciarci al buio e senza linea telefonica per tre ore. Il giorno dopo la difficoltosa riparazione delle numerose interruzioni nella rete elettrica hanno reso necessario togliere nuovamente la corrente per quasi tutto il giorno. E con la luce del mattino ci siamo resi conto che molti alberi intorno a noi erano stati divelti. All’amareno ero molto affezionata: trovarlo tranciato è stato doloroso.

Ma la pioggia ha portato con sé anche tantissimi funghi prataioli proprio nel prato fuori casa e il giuggiolo piccino ci ha regalato un bel po’ di frutti. Anche il nocio è stato molto generoso. Per fortuna avevo tirato su parecchie noci prima che piovesse forte e mentre raccoglievo ho visto una cosa bellissima e decisamente insolita: una fragola rossa rossa. Questa immagine mi ha fatto venire in mente una frase di Rabindranath Tagore che mi aveva colpito tempo fa: «Quanto più uno vive solo, sul fiume o in aperta campagna, tanto più si rende conto che non c’è nulla di più bello e più grande del compiere gli obblighi della propria vita quotidiana, semplicemente e naturalmente. Dall’erba dei campi alle stelle del cielo, ogni cosa fa proprio questo; c’è tale pace profonda e tale immensa bellezza nella natura, proprio perché nulla cerca di trasgredire i suoi limiti.»

Vita in campagna, le noci e la fragolina - Foto di Serena Betti
Vita in campagna, le noci e la fragolina – Foto di Serena Betti

Ecco, quella fragolina ha approfittato di ogni raggio di sole in più, ha tirato fuori tutta la sua energia per provare a trasgredire i suoi limiti… e mi ha regalato una grandissima gioia. Una gioia che mi ha ripagato degli odiosissimi spari che sono tornati a turbare le nostre giornate. Con l’aria più fresca i cacciatori stanno recuperando il tempo perduto a ottobre. Nell’art. 1 del regolamento della Regione Toscana per la stagione venatoria, al punto 2 si legge: «La caccia è consentita tre giorni a settimana, che il titolare della licenza può scegliere fra quelli di lunedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica»… praticamente ogni giorno qualcuno qui intorno urla e spara.

Durante la raccolta delle olive ci sono stati dei momenti in cui ho avuto paura perché erano piuttosto vicini, ma mi sono concentrata sulle chiacchiere, i canti, le risate di questo atteso appuntamento annuale con le persone che condividono con noi la proprietà del campo di ulivi e gli amici che vengono ad aiutarci, anche da Verona, perché sono vere giornate di festa. La pioggia a volte ci ha sorpresi, ma per fortuna era leggera. Ognunə di noi ha lavorato con il suo rascello, termine usato da queste parti per indicare il tipico rastrello utilizzato per la raccolta. I nostri sono speciali perché si possono utilizzare anche per “pettinare” i rami alti: sul mercato si trovano in vendita quelli con il manico allungabile, ovviamente, ma i nostri hanno manici di vecchie scope, o di bambù, di misure diverse per ogni esigenza di altezza.

Vita in campagna, cesta per la raccolta delle olive - Foto di Serena Betti
Vita in campagna, cesta per la raccolta delle olive – Foto di Serena Betti

In verità io amo molto fare questo lavoro con le mani. Mi piace infilare le dita tra i rami, sgranare le olive ramoscello per ramoscello e sentire sulla pelle la parete liscia e lievemente unta dell’oliva. È per questo che cerco sempre di accaparrarmi la vecchia cesta con cintura da mettere in vita che si utilizza in terreni più scoscesi, vicino a muretti a secco, o per raccogliere olive nelle piante con pochi frutti per le quali non vale la pena stendere le reti. Tornando a casa, in auto, spesso stanca e con la cervicale sottosopra, ho il tempo di godermi la sensazione, bellissima, che provo accarezzando le mie mani lisce, vellutate e profumate: accade solo dopo una giornata così.

Questa è stata la mia ottava raccolta di olive, e da otto anni celebro un rito che ho scoperto grazie a una persona che, se seguite questa rubrica, conoscete bene. Sto parlando di Pia Pera, la giornalista scrittrice che è diventata il mio guru da quando, arrivata in campagna, ho letto L’orto di un perdigiorno. È grazie a lei, infatti, che ho trovato questa ricetta:«[…] non c’è nulla di più squisito delle olive fresche cotte in padella con un soffritto di aglio e pomodoro. Sono buone da sole, col pane, nel coniglio o nel pollo alla cacciatora, oppure come le ho fatte oggi, in un quattro e quattr’otto. In una padella ho versato dell’olio, due spicchi di aglio, un peperoncino e dell’estratto di pomodoro, dopo un po’ le olive. Ho aggiunto dei pomodori pelati, di quelli preparati l’estate. Una decina di minuti sul fuoco; poi ho aggiunto due bei tranci di tonno sott’olio, che ho lasciato intiepidire fra le olive. Una vera squisitezza. Con il sugo avanzato ho preparato la sera degli ottimi spaghetti. Pregusto una lunga stagione di piatti alle olive fresche.»

Vita in campagna, rascello - Foto di Serena Betti
Vita in campagna, rascello – Foto di Serena Betti

Il piacere di questo piatto è secondo solo a quello della fetta di pane toscano su cui versiamo l’olio appena uscito dal rubinetto del frantoio. Secondo perché il primissimo olio nuovo lo assaporiamo solo in quel momento, mentre gli spaghetti con le olive li gustiamo più volte in questo periodo, come ha giustamente scritto Piera: l’amarognolo delle olive si sposa perfettamente con il sapore dolce del tonno e del pomodoro. Provare per credere.

Serena Betti

In alto: Giuggiolo – Foto di Serena Betti

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