Persecuzioni e sterminio: solo in questo i nazisti non hanno fatto distinzioni fra uomini e donne, tuttɘ ugualmente indifesɘ davanti alla follia.
Pareti altissime in cemento nudo delimitano il lungo corridoio che accoglie i visitatori della Risiera di San Sabba. Costruito alla fine del diciannovesimo secolo per scopi produttivi e commerciali, negli anni Quaranta del secolo successivo l’edificio è stato requisito dai tedeschi che occupavano i territori di Trieste. Adibito inizialmente a luogo di detenzione, divenne presto campo di smistamento e poi anche di sterminio, unico caso conosciuto sul suolo italiano.
Non si facevano distinzioni fra uomini, donne e bambini, anche di pochi mesi, tutti ugualmente indifesi davanti alla follia nazista. Tutti ugualmente deportati a nord, verso i grandi campi di concentramento oppure sterminati nel “garage” in cortile, la camera a gas che i carnefici hanno fatto esplodere prima di fuggire la notte fra il 29 e il 30 aprile del 1945 nel tentativo di coprire i loro crimini. Si stima che alla Risiera di San Sabba siano state uccise fra le tremila e le cinquemila persone; molte di più sono quelle che da qui hanno raggiunto i lager.
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«Dalla Camera della morte, uno a uno, li portavano attraverso il cortile e qui circa c’era l’entrata del garage (…) il garage è quell’edificio di cui si vede la sagoma (…) c’era una grande porta verde e si entrava nel garage dove questi disgraziati venivano uccisi.» Haimi Wachsberger, arrestato in Croazia. Prigioniero alla risiera dal 17 aprile 1944.
«Mi è rimasto sinistramente impresso nella memoria un monticello sul pavimento formato da centinaia e centinaia di occhiali da vista. Innumerevoli paia di scarpe usate, di ogni foggia e colore, soprattutto da uomo, ma anche da donna, vi erano allineate. Gli indumenti di stoffa e di tela erano ben ripiegati e accatastati con ordine su tavoloni e scaffalature: giacche, brache, camicie, mutande.» Dante Fangaresi, alpino prigioniero alla Risiera nel 1944, autore di Dieci settimane a San Sabba, Firenze 1994.
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La diciassettenne Marta Ascoli fu trascinata fra le mura della risiera nella primavera del 1944 con la sua famiglia, dove rimase per tre settimane prima di venire deportata a Birkenau. Tornò a casa sola, dopo la liberazione nel 1945. Nel 2018 ha accettato di visitare nuovamente quegli stessi luoghi per raccontare la sua esperienza e ricordare a tutti noi che è necessario assicurarsi che tutto questo non possa accadere mai più.
Erna Corsi
Foto in alto: Risiera di San Sabba, Trieste – di Erna Corsi
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