Mentre Kiev resiste, Elena Marrassini ci racconta “Il freddo di Inna”

Inna - cielo di kiev
[…] dal sesto piano di questa palazzina Inna vede lontano, e vede anche la mimosa già fiorita, e si fa trascinare da quel giallo verso la primavera.

A Inna prudono le gambe, accidenti a quelle calze, che poi qui in Italia nemmeno servono le calze di lana, dovrebbe smettere di portarle, il freddo di qua non è certo il freddo di là. Tutta colpa del riscaldamento globale, come dice sempre il padre dei gemelli. Le prudono anche le mani oggi: i gemelli sono insopportabili, si picchiano e piangono in continuazione, “glieli tolgono dalle mani gli sculaccioni”, dice anche questo il loro padre, ma lei non alza le mani, non lo farebbe mai.

Inna respira, conta fino a dieci e guarda lontano, come faceva sua madre alla finestra della cucina nella casa di là: quando prendeva le botte poi rimaneva calma, ferma a fissare per ore l’orizzonte, che era sempre troppo vicino; almeno qui, dal sesto piano di questa palazzina Inna vede lontano, e vede anche la mimosa già fiorita, e si fa trascinare da quel giallo verso la primavera.

Guarda lontano Inna, e si ricorda anche di suo padre, che quando era ubriaco di samogan diventava buono, smetteva di essere violento e allora le prendeva lui, le botte da sua moglie. Che in qualche modo sua madre doveva pur scaricarli i nervi. Praticamente suo padre funzionava al contrario di tutti gli altri uomini che Inna aveva conosciuto lì al paese, nelle campagne di Poltava. Ma in quel modo andava a finire che lui era buono solo nel fine settimana, e il fine settimana era fatto sempre più spesso di un giorno e mezzo, troppo poco.

Quando si ricorda, Inna, degli ultimi tempi in mezzo ai campi e ai boschi attorno a Poltava, prima di trovare lavoro come badante e venirsene via, non sa ancora se prova nostalgia o voglia di andare ancora più lontano.
Di sicuro le mancano gli odori del bosco umido e delle stoppie bruciate, quando suo padre ragazzo e lei bambina uscivano al mattino presto. Le manca anche il freddo, quel freddo da calze di lana. Dio che prurito quelle calze, adesso.
A volte le sembra di sentirli quell’odore e quel freddo, quando adesso vede in tv le immagini dei traccianti nel cielo di Kiev che colorano di verde l’orizzonte chiuso dentro lo schermo.

Elena Marrassini

Foto in alto: cielo di Kiev

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Se questo articolo ti è piaciuto condividilo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Solve : *
6 + 16 =