Con il sottotitolo Periodico d’educazione – Compilato da donne italiane, la rivista anticipa un giornalismo tutto al femminile.
La Donna nasce a Padova nel 1868 grazie a Gualberta Alaide Beccari, che vi si dedica per tutta la vita, addirittura spostando l’attività a Bologna dopo essersi trasferita nel 1878. La pubblicazione, sempre puntuale sin dall’inizio, si interrompe nel 1891 in seguito all’aggravarsi delle condizioni di salute della fondatrice. Già nel 1890 la rivista si considera al capolinea.
Eppure l’eredità del periodico non tramonta: dal 1905 al 1968 la rivista torna a essere pubblicata come supplemento dei quotidiani La Stampa e La Tribuna per poi tornare a essere indipendente del 1915.
Perché questa rivista è così importante? Dimostra quanto sia necessario che le donne facciano sentire la propria voce e che lo facciano a modo loro. Siamo alla fine del 1800 e, sebbene le cose stiano cambiando, l’intelletto femminile è ancora considerato poco e niente, vige l’idea che il ruolo della donna sia quello di moglie e madre.
È rivoluzionario che un gruppo di donne si sia riunito per dare spazio alla scrittura femminile in tutte le sue sfaccettature. Le collaboratrici sono tante e tutte impegnate nella sempre più diffusa lotta femminista: la suffragetta Paolina Schiff, l’attivista Anna Maria Mozzoni, la saggista Fanny Lewald, la scrittrice Anna Vertua Gentile, e tante altre che si battono per i diritti delle donne.
Le autrici si impegnano, fra le altre cose, anche per il diritto delle donne all’istruzione e a tal fine propongono nei vari numeri opere poetiche e narrative di autrici note e sconosciute. Nei diversi numeri compaiono anche i “Racconti della nonna” che riportano gli eventi storici e i nomi di personaggi illustri vissuti in quell’epoca.
Altro punto fermo è il diritto delle donne al voto, elemento fondamentale affinché lo Stato consideri le donne. Nel numero del 30 marzo 1877 Anna Maria Mozzoni pubblica una lettera intitolata Del voto politico delle donne, in cui descrive come si ignorano le donne e riporta le firme delle altre collaboratrici per avanzare la proposta in Parlamentoo: «Noi italiane ci rivolgiamo perciò a quel parlamento […] affinché possa […] riguardarci per quello che siamo veramente: cittadine, contribuenti e capaci […] davanti al diritto di voto.»

Le idee alla base della rivista sono laiche e questo genera il malcontento delle altre testate giornalistiche filo-clericali. Difatti, le autrici sono accusate di corrompere le menti delle lettrici. Accuse assurde perché ritenere corruzione la voce delle donne la dice lunga sul pensiero conservatore della società.
Una donna che pensa, che scrive e che agisce fa paura: è una strega, e come tale va bandita dalla comune cultura dominante che odia le donne e le vuole solo addomesticare.
L’emancipazione femminile allora come oggi incute timore perché una donna istruita è pericolosa in quanto capace di autodeterminarsi e quindi di decidere per sé. E se una donna si autogoverna, se diventa indipendente, parte del sistema patriarcale perde il controllo e crolla.
Quando sono venuta a conoscenza di questa rivista, ho sentito il bisogno di parlarne perché L’Altro Femminile si muove sugli stessi passi. È straordinario come le nostre idee attuali siano così simili a quelle delle donne che ci hanno precedute.
È una sorellanza che travalica i secoli e che unisce le donne nella lotta per il riconoscimento dei propri diritti che – ahimè – vengono calpestati. Ma Gualberta e le sue collaboratrici ci insegnano che una donna armata di penna può lasciare un segno indelebile.
«Non sarò libera finché ogni donna non sarà libera, anche se le sue catene sono molto diverse dalle mie.» (Audre Lorde)
Altea Fiore
Foto in alto: Woman writing, immagine da Canva
© RIPRODUZIONE RISERVATA

