Dove non mi hai portata è un libro sospeso fra il giallo, il nero e il rosa

Maria Grazia Calandrone
Maria Grazia Calandrone è nuovamente candidata al premio Strega con la storia di sua madre e un’indagine alla ricerca di risposte.

Il libro Dove non mi hai portata (Einaudi, 2022) è stato proposto per il Premio Strega da Franco Buffoni «per due fondamentali motivi: la tenuta stilistica che non viene mai meno nelle 247 pagine del volume; la capacità dell’autrice di coinvolgere il lettore in una vicenda storica e umana al calor bianco.» Maria Grazia Calandrone si ritrova nella dozzina dei finalisti per la seconda volta in tre anni, sempre con la storia di sua madre; questa volta però si tratta di quella naturale, non di quella adottiva che l’ha cresciuta.

Lo scalpore suscitato dal precedente libro Splendi come vita (Ponte alle grazie, 2021) le ha portato una lunga serie di contatti, messaggi e ricordi della donna che l’ha messa al mondo e l’ha abbandonata poco prima di togliersi la vita. La sindaca del paese natale di Lucia, questo è il nome di sua madre, l’ha invitata a visitare quelle terre per poterle descrivere fra le sue pagine. Se il libro inizialmente appare un po’ come una sorta di guida turistica, lentamente inizia ad affondare le radici nel tessuto sociale dell’epoca in cui la piccola Lucia rideva e portava le capre al pascolo, ignara del futuro scelto per lei. Seppur innamorata di un bravo giovane, viene costretta a sposare un uomo più anziano ma più benestante. Costretta davvero, con il fucile imbracciato dal padre, perché Lucia proprio non ne voleva sapere.

Maria Grazia Calandrone conduce una vera e propria indagine, alla ricerca della realtà e delle motivazioni che portarono sua madre al gesto estremo di togliersi la vita. Un viaggio fra costrizioni, infelicità e accuse sociali negli anni in cui il divorzio in Italia è ancora negato da una legge che privilegia l’uomo anche in caso di adulterio, indifferentemente dal coniuge che se ne renda autore. Lucia non si arrende mai, si piega ma non si spezza, fino alla fine.

Maria Grazia Calandrone«In quegli anni si accorda più fiducia ai bambini e alla vita tutta. La vita fa una musica diversa, basso profondo con piccoli trilli di risate. Chi ha sopportato la guerra riposa nella giusta convinzione che chi ha voglia di vivere sopravviva a quasi tutto, che non esista vita senza ferita. Nessuno resta integro. Si vive.»

Dalla campagna del Molise fino alla Milano dei migranti alla ricerca di un lavoro, e poi il viaggio a Roma compiuto solo per abbandonare la piccola Maria Grazia alle porte dei giardini di Villa Borghese prima di gettarsi nel Tevere. Ma è andata davvero così? E per quale motivo? Queste sono le domande che la figlia, divenuta adulta e madre, si pone e ci pone fra le pagine del suo nuovo libro. Che non è un romanzo, è vero come le ingiustizie subite da tutte le donne che come Lucia si sono trovate nella condizione di sudditanza e subordinazione rispetto al padre, al marito e rispetto a quella legge che avrebbe invece dovuto tutelarle. Con l’avanzare della narrazione il titolo assume un significato profondo, che è forse la risposta a tutti i quesiti che ogni figlia si porrebbe nei panni dell’autrice.

Erna Corsi

Foto in alto: Maria Grazia Calandrone da www.lanotiziagiornale.it 

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1 commento su “Dove non mi hai portata è un libro sospeso fra il giallo, il nero e il rosa”

  1. Se avessi potuto partecipare alla presentazione di questo libro, avrei proposto all’autrice una spiegazione all’errore compiuto dei suoi genitori nella lettera. Quando cioè indicano la data di nascita al 15 ottobre 1965, giorno in cui la piccola non era ancora nata. Inconsciamente, entrambi, volevano così dire che la vita di Maria Grazia sarebbe iniziata dopo quegli eventi: aveva un futuro dopo il loro disperato gesto.

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