La pioggia non spegne il desiderio è uno struggente romanzo erotico in cui non c’è traccia di volgarità, ma garbo e delicatezza.
Pillole di femminile, la rubrica per riflettere su alcuni piccoli grandi temi legati alla vita di tutti i giorni.
La pillola di oggi è tratta dal libro La pioggia non spegne il desiderio pubblicato da Einaudi nel 2007. L’autrice è la francese Veronique Olmi amata e conosciuta per le sue opere teatrali che sono state rappresentate anche in Canada e in America Latina. La sua esperienza come drammaturga la si ritrova nelle pagine dei suoi libri: nei suoi racconti dettagli ed emozioni vengono narrati con uno stile particolare e intenso.
In questo romanzo erotico Olmi racconta in poche pagine l’incontro tra un uomo e una donna che sanno di non avere un futuro e vogliono dimenticare il passato. Si danno appuntamento ai Jardins du Luxembourg a Parigi in un giorno piovoso di fine estate e decidono di trascorrere tutto il pomeriggio facendo l’amore in un albergo poco distante.
«In Place Saint Sulpice c’è un albergo, e in quest’albergo, dentro una camera anonima con un lampadario in finto cristallo e le nappe alle tende si rinchiudono un grande uomo un po’ claudicante ed un’esile e fragile donna. Si sono incontrati ai Jardins du Luxembourg, dopo cinque anni di silenzi, di feste alle quali si sono soltanto intravisti, poi i due, sconosciuti uno all’altra per volontà, per un pomeriggio si prendono, lasciando dietro la porta il dolore e la stanchezza dei loro cinquant’anni, dimenticando l’odio, l’anoressia, scordando i difetti di un corpo che loro appartiene e che non riconoscono.»
«In Place Saint Sulpice lui la guardò di nuovo e disse che la trovava un po’ pallida. Lei si fermò. Per dirgli dritto in faccia, fiera, assolutamente sicura di sé, che si sbagliava. Non era pallida. Quello era il suo colorito naturale, lei non era appena tornata dalle vacanze come la maggior parte dei parigini dopo Ferragosto. Da dove tornava non l’avrebbe detto. Né a lui né a nessun altro. Non le importava della curiosità, della compassione dello stupore. E meno ancora della dolcezza con cui ora le si rivolgeva… forse nella speranza che rallentasse? Lui fingeva di star bene, dunque il suo era un dolore inconfessabile, una malattia infamante, magari gotta o artrite? Lei allora riprese a camminare, più rapida dopo essersi fermata per dirgli che non era pallida, più rapida e offesa perché si era truccata e pensava al proprio viso disertato dal sangue, quel sangue che pulsava debolmente dentro di lei… il sangue… l’assenza di sangue… che stanchezza, pensava… era umiliante… La trovava pallida e magra? Solo questo? Pallida e magra?
D’altra parte era così. Si perdeva in quei vestiti di cui lui ricordava il colore. E i vestiti si perdevano in armadi troppo grandi, dove nessun uomo appendeva più le proprie camicie e giacche.
Lei adattò il passo a quello di lui.
E camminarono in silenzio.
Rue Bonaparte era chiusa al traffico per lavori e proseguirono in mezzo alla strada deserta – non erano ancora le due e gli operai pranzavano poco lontano, sul marciapiede davanti alla Procura.
Camminarono in mezzo alla carreggiata come due che aprono una manifestazione, anche se loro non si tenevano a braccetto e non aprivano nessun corteo.
Più si avvicinavano ai Jardins di Luxemburg, più, al contrario, si scrollavano di dosso la folla, il rumore, i giorni e le notti passati a dimagrire, a impallidire, sprofondare lentamente nella disperazione. Si alleggerivano.
Lui, sforzandosi di non zoppicare. Lei, orgogliosa di andare avanti, slanciata, con i suoi tacchi alti e il corpo da adolescente.»
Serena Betti
Foto in alto: Elaborazione grafica di Erna Corsi
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