L’assistente materna è la nuova idea del governo per incentivare la natalità

assistente materna
Nulla di nuovo: la figura che assiste i genitori dopo il parto esiste già. Le ostetriche sono da sempre dedicate anche a questo momento delicato.

Il governo ha estratto dal cilindro una nuova idea per incentivare la natalità: l’assistente materna. Una figura (una donna, perché si sa, siamo più adatte alla cura…) che dopo un breve (breve!) corso di formazione di 6/9 mesi sarà (dovrebbe essere) in grado di sostenere la madre (non sia mai che il padre possa cambiare un pannolino) dopo il parto.

Sono abbastanza evidenti le lacune di questo progetto, ma vediamole insieme. Come da norma di legge, ogni lavoro dovrebbe essere proposto in ugual misura ad ambo i sessi. Questa distinzione sottolinea invece come un uomo possa fare il ginecologo (quindi medico) e aiutare una donna nel parto ma come non sia il caso che lui si occupi di montata lattea o crema all’ossido di zinco.

L’eventuale scusa che una donna possa capire meglio la depressione post parto regge ancora meno, visto che nei requisiti richiesti per questo mestiere non è indicato l’aver partorito e aver poi sofferto di questa difficoltà. E comunque, in questo caso la figura di riferimento deve essere un terapeuta (cioè laureato). La seconda, enorme, svista sta proprio nel nome: assistente materna.

Come se la cura del figlio fosse interamente a carico della madre. Ma non erano quelli che dicevano che i bambini hanno bisogno di una madre e di un padre? Fortunatamente, oggi, sempre più padri si occupano dei figli fin dai primissimi giorni, creando con loro un bellissimo e profondo legame e dando sollievo alla madre in un momento difficile. Assistente familiare suonerebbe già meglio, ma esiste un terzo motivo per cui questa manovra appare fuori luogo: queste figure esistono già.

Sì, avete letto bene. Ci sono da sempre e da molti anni sono presenti negli ospedali e nei distretti sanitari. Sono ostetriche e puericultrici. Figure assolutamente fondamentali per una famiglia che accoglie un piccolo membro nuovo di zecca. Sono persone competenti, con una laurea che le rende in grado di affrontare con cognizione di causa ogni eventualità, anche eventi per cui non si può certo essere preparati dopo un corso di pochi mesi. Spesso, purtroppo, nelle strutture ospedaliere la professionalità delle ostetriche non viene sfruttata correttamente, probabilmente per mancanza di fondi. Molte famiglie si rivolgono quindi a chi esercita la professione privatamente. 

«L’assistenza alla genitorialità — e ci tengo a usare questa parola — non s’improvvisa. Serve una formazione importante e una lunga esperienza per stare accanto a una madre, a un padre e a un neonato». Massimo Ammaniti (1941), psicoanalista e professore di Psicopatologia dello sviluppo alla Sapienza di Roma.

Abbiamo delle figure già formate, presenti sul territorio e nelle strutture pubbliche: perché non rivolgere a loro i fondi destinati a questa fallimentare proposta? Personalmente non me la sentirei di affidare la mia salute o la salute e l’educazione di un figlio o una figlia a chi ha seguito un corso di pochi mesi, conseguendo più o meno le stesse competenze che ho acquisito io leggendo i libri di puericultura mentre ero bloccata a letto con il pancione.
Voi sì?

Erna Corsi

Foto in alto: Rene Asmussen

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