Vita in campagna. Appunti di viaggio di una cittadina in trasferta #4

cetrioli - vita in campagna

È arrivata l’estate con i suoi colori, i suoi profumi, la sua energia, i suoi messaggeri…  e il lavoro si fa più intenso.

Finalmente un bell’acquazzone estivo! Le previsioni davano temporali nel pomeriggio così stamani mi sono vestita di tutto punto e sono andata nell’orto per togliere le erbacce dalle cipolle. Sì, quando vado nell’orto, o nel giardino, indosso rigorosamente pantaloni lunghi, una vecchia camicia a manica lunga che chiudo dal primo all’ultimo bottone, calzini e guanti: una sorta di protezione anti vespe, calabroni e tutta una varietà di insetti che, anche se piccolissimi, sono malefici per chi è allergicə come me. Ero chinata, in compagnia di Arturo, uno dei miei gatti, intenta a estirpare le infestanti quando tutt’a un tratto è cambiata la luce. Ho alzato lo sguardo e ho visto un bellissimo nuvolone nero. Appena il tempo di pensare che probabilmente la pioggia avrebbe anticipato sull’orario previsto che un tuono fragoroso ha dato inizio allo scroscio di freschissimi goccioloni . Arturo è schizzato via come un lampo e io ho preso gli attrezzi e sono corsa al riparo. Ma non sono entrata in casa. Ho preferito rimanere fuori per godermi il profumo della terra bagnata.

L’estate quest’anno è piuttosto anomala, almeno qui in Casentino. È iniziata in ritardo, come se la primavera avesse deciso di prendersi del tempo in più. I sandali sono rimasti nella scarpiera fino alla fine di giugno. In alcuni giorni sembrava addirittura che fosse il mese di novembre e  la sera per un bel po’ ho indossato un maglioncino. Abbiamo anche acceso il camino. Nulla a che vedere con il caldo dell’anno scorso. Le lucciole, l’incantevole segnale che annuncia la bella stagione, sono arrivate in ritardo. Le prime sere ce n’erano poche, le più temerarie, poi il loro spettacolo di danza a intermittenza è esploso con tutta la sua magia. È incredibile come si torna bambinə in queste situazioni, come essere catapultatə in una fiaba. Stelle sopra la testa e lucciole tutt’intorno: stupore e meraviglia ci fanno compagnia ogni sera quando si fa buio e passeggiamo nel silenzio, testimoni di un rituale luccicante che si ripete una volta all’anno.

La primavera  porta tantissimi nuovi e gioiosi abitanti alati: il codirosso, il rigogolo, la cincia, il ciuffolotto. I loro cinguettii si fanno sentire sin dalle prime luci del mattino e con l’arrivo del caldo e le finestre aperte sono più efficaci di una sveglia. Ma l’annunciatore dell’estate per me è colui che interrompe il silenzio della sera con un verso inconfondibile, difficile da definire “canto”. La prima volta che sentii questo strano rumore, molto simile all’accensione di un motorino, rimasi sorpresa.  Non potevo certo immaginare che fosse un volatile con un nome piuttosto bizzarro: il succiacapre. Si tratta di un uccello notturno con un piumaggio che gli permette di mimetizzarsi benissimo nella terra, per cui è difficilissimo vederlo, ed è un ottimo cacciatore di insetti. Protagonista di molte leggende, non sempre di buon auspicio, lo si trova anche nelle ultime righe di Figlio di Dio, il romanzo di Cormac McCarthy, lo scrittore scomparso recentemente. Per la sua abitudine di nutrirsi tenendo la bocca aperta i francesi lo chiamano inghiottivento, un nome sicuramente più grazioso.  Ogni anno, quando sento  per la prima volta il suo motorino, gli do il benvenuto.

Vita in campagna, pomodori - Foto di Serena Betti
Vita in campagna, pomodori – Foto di Serena Betti

Anche i fiori hanno indugiato a sbocciare: siamo stati immersi per molto tempo in tutti i toni del verde, quest’anno particolarmente vigoroso e lussureggiante, grazie a giornate su giornate di pioggia che ho benedetto quando è arrivata perché ho risparmiato tempo per le annaffiature. Ma c’è sempre il rovescio della medaglia e questo “vantaggio” ha risvegliato una crescita intensa di erbe, anche dove non era necessaria, così ho dovuto lavorare molto di più nell’orto, con buona pace della mia schiena.

I pomodori hanno richiesto una legatura settimanale e nonostante la paglia, posata quando li abbiamo piantati, ho dovuto fare diversi interventi per rimuovere le erbacce. La paglia è un ottimo sistema di pacciamatura naturale per la protezione termica delle piante (protegge dal gelo invernale e dal caldo eccessivo dell’estate), aiuta il terreno a preservare l’umidità delle annaffiature ed è un validissimo aiuto per controllare il proliferare delle erbe infestanti, di solito… quest’anno un po’ meno.

In realtà siamo in apprensione per l’orto perché la pioggia ha compromesso alcuni prodotti: molti cespi di insalata si sono guastati, tante cipolle sono andate in fiore e poi anche quest’anno non farò la marmellata di ciliegie. Due anni fa, proprio durante la bellissima fioritura, per due notti siamo andati sotto lo zero e i fiori si sono accartocciati, bruciati. Quest’anno invece i vivacissimi frutti che erano sull’albero hanno preso troppa acqua e sono marciti. Ora ripongo le mie speranze nelle pere, nelle mele e nelle prugne, anche perché la mia scorta di marmellate è finita. Ma il rifornimento di materia prima per le tisane al profumo d’estate durante le fredde serate invernali è garantito: la raccolta più inebriante e ronzante della stagione è stata conclusa con successo. Sto parlando della raccolta del tiglio che ho già essiccato al sole e messo in sacchetti di carta per lasciarlo al buio ancora un po’. Stare sotto al tiglio è un’immersione celestiale, una meravigliosa occasione per chiudere gli occhi e abbandonarsi al godimento dell’olfatto. Peccato che appena si aprono i fiorellini vengono assaliti e festeggiati dalla ragonycha fulva, un coleottero soldato piuttosto buffo con le elitre di un colore rossastro che sfuma verso il nero, come pure le zampette. Le antenne invece sono nere. Sono sempre tantissimi, molto rumorosi e si accoppiano anche mentre volano. Per mia fortuna sono ghiotti di insetti e non di sangue umano quindi mi immergo nella raccolta protetta da una schiera di “soldatini” musicisti.

«L’orto vuol l’omo morto» dicono qui e in effetti è un lavoro piuttosto faticoso, soprattutto in questa stagione; quest’anno poi c’è molto più da fare, ma non rinuncerei alle mie incursioni quotidiane perché trovo sempre delle bellissime sorprese. Vedere i fiori di zucchino, di prima mattina, ben aperti e svettanti con i loro gialli e arancioni sgargianti è una sferzata di energia, oltre che una gioia per gli occhi. Sono di una bellezza quasi sfacciata! E quest’anno, grazie alla pioggia, le quattro piantine ben idratate dei cetrioli mi hanno regalato tanti piccoli fiori a stella di un colore giallo intenso. A proposito, con i primi cetrioli ho fatto lo tzatziki che con le foglioline di menta fa subito estate. Restando in tema culinario, navigando su internet ho scoperto che le foglie piccine della pianta di zucchino si possono usare in cucina. Presto sperimenterò.
Il temporale è finito, c’è un’aria limpida e una temperatura piacevole. La terra ora è più molle ed è una splendida occasione per andare a estirpare i germogli di ghianda che stanno colonizzando il giardino. Ma questa storia la racconterò un’altra volta.

Serena Betti

In alto: Foto di Silvana Jaulus

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