Donnaridens: libri che si attaccano addosso e dei quali non ti puoi liberare

Miriam Toews
Una famiglia disfunzionale raccontata dalla voce genuina e singolare di una ragazzina in Notte di battaglia di Miriam Toews.

A volte ci imbattiamo in libri dentro i quali fatichiamo a entrare, vuoi per la storia, che può risultare poco confortevole o persino respingente, vuoi per lo stile o il linguaggio, troppo peculiare per essere universalmente apprezzabile. Ciononostante finiscono per irretirci. Ci lasciano a fatica, si sedimentano dentro di noi. Notte di battaglia, della scrittrice canadese Miriam Toews, uscito in Italia nel 2022 per Einaudi, è uno di questi.

Non è un caso che mi trovi a scriverne proprio oggi, 8 marzo, festa della donna (anche se l’articolo uscirà tra un mese), perché quella che narra la Toews è proprio una storia al femminile fatta di tre generazioni di donne tutt’altro che aderenti ai desiderata del patriarcato. La più anziana è Elvira, una nonna buffa, irriverente e sboccata, tifosa appassionata dei Toronto Raptors. Sua figlia Mooshie è un’attrice dalle belle speranze perdute, così come lo sono tutti i suoi amori, irascibile e torturata da una gravidanza difficoltosa. Infine c’è Swiv, la nipote, una ragazzina rissosa a scuola ma seria e adulta tra le pareti di casa.

notte di battaglia - miriam toewsProprio lei costituisce la voce narrante. Con un linguaggio che si addice alla sua età racconta la storia delle tre donne a qualcuno la cui assenza per lei è pesantissima, quasi insostenibile: il padre. In compenso ci pensa la nonna a essere iperpresente. Le fa da insegnante, visto che Swiv è stata espulsa da scuola, anche se in maniera poco ortodossa. Si fa accompagnare da lei a visitare le anziane amiche che «ogni sei mesi si riuniscono per festeggiare il fatto di essere ancora vive.» La coinvolge nei colpi di testa quotidiani che può permettersi una come lei, a cui «restano solo cinque minuti da vivere e non vuole sprecarli in piccolezze». E soprattutto le narra di un passato che l’ha vista stretta tra le maglie di una comunità religiosissima e violenta da cui è riuscita a scappare lottando (qui emergono i trascorsi della Toews, vissuta in una comunità mennonita fino ai diciotto anni). E questo è uno dei principali insegnamenti della nonna per Swiv: lottare sempre nella vita ma imparare che a volte «combattere può anche voler dire fare la pace.» Questa nonna-bambina, che Swiv si trova ad accudire, controllando che prenda le medicine e segua le indicazioni dei dottori, sembra recuperare con il suo fare giocoso un passato giovanile fin troppo buio da cui tuttavia escono sprazzi di luce, bei ricordi, persone buone che le hanno lasciato qualche carezza tra le cicatrici.

La famiglia di Swiv, insomma, è una di quelle che definiremmo disfunzionali, ma proprio per questo autentica, tridimensionale, dove vivere situazioni che fanno ridere e piangere allo stesso tempo. Vien voglia di chiedersi quali siano davvero le famiglie «normali» e persino benedire  quelle atipiche che altrimenti – da Tolstoj in avanti – di cosa scriveremmo, cosa ameremmo leggere? Lo stile di Miriam Toews è ruvido, irriverente, colloquiale, a volte amaramente sarcastico, ma è una facciata che nasconde sentimenti delicati. É un iceberg multicolor nelle cui profondità si nascondono dolori cupi.

Silvia Roncucci
Donnaridens

Foto in alto: Miriam Toews

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