La forza delle donne: una responsabilità che comincia a pesare

Resilienza
Basta resilienza. È giunta l’ora, per le donne, di arrogarsi il sacrosanto diritto di essere quello che non ci si aspetta da loro.

Ogni donna sulla faccia della Terra, davanti a una difficoltà, si è sentita dire: «Tu ce la farai perché le donne sono forti.» E questa ipotetica donna, carica di tutto il bagaglio di risolutezza che la genetica le ha dato in dono, va avanti e affronta ogni cosa, lotta, supera l’ostacolo. Che sia un parto trigemellare, la vedovanza, una malattia, la perdita del lavoro, una carriera mai sbocciata, sogni infranti, violenza, due figli sotto i sei anni, in pandemia, in sessanta metri quadri facendo smart working ecc. non si perde d’animo, si rimbocca le maniche e tira dritto. Credo che ogni donna si senta orgogliosa di essere una così brava esponente del proprio sesso, ma se oltre l’orgoglio ci fosse anche tanta fatica?

Del multitasking abbiamo già parlato, caratteristica femminile innata grazie al processo evolutivo di sopravvivenza. È venuto il momento di parlare anche della resilienza, bellissima parola che però, in sé, nasconde anche un peso enorme. Credo che anche la resilienza, come il multitasking, non sia una scelta, per la donna. Non può permettersi di non farcela, di cedere o mollare. Deve sempre, costantemente, dimostrare che è in grado. Di fare cosa? Ma che domanda: tutto. E dev’essere fatto bene, col sorriso sulle labbra e senza il minimo accenno di squilibrio mentale. Guai a mostrare debolezza, stanchezza, esasperazione. Guai a non saper fare, a rovinare il bucato, a non reggere il vomito dei figli, a non sopportare la sana cucina casalinga. Ma soprattutto guai a non volersi asciugare le lacrime, a non reggere alla pressione, ad accettare qualsiasi tipo di reazione emotiva: non le è permesso essere fragile nemmeno quando fragile e l’unica cosa che ha bisogno di essere.

Non c’è donna che a un certo punto non si sia chiesta: «Perché devo farcela? Perché non posso semplicemente alzare le mani in segno di resa?» E la risposta sta tanto in quello che ci si aspetta da lei, quanto in quello che lei crede di dover per forza essere. Quindi ecco il peso della resilienza; l’ovvio e sempiterno sottinteso che la donna non è che può, deve! E invece no, non deve. Ha tutto il diritto di non saper rammendare, di scocciarsi a raccontare ogni sera la stessa favola ai figli invece di guardarsi una serie su Netflix, di non conoscere la differenza tra il sale rosa dell’Himalaya e quello più economico del discount. Non deve sentirsi in colpa se per cena porta in tavola un riso liofilizzato e due sofficini messi in forno al volo o se la polvere sui mobili potrebbe raccontare intere storie (nel senso letterale, che a passarci col dito ci si può scrivere). Ma soprattutto non deve sentirsi sbagliata se non regge la pressione di qualsiasi cosa le stia accadendo, se ha solo voglia di rimanere da sola e piangere. Ha il diritto di sbagliare, di preferire sé agli altri (compresi i figli), di non dover essere all’altezza. Ha il diritto di pensare fuori dal coro, di far voltare nella tomba ave bacchettone e costruirsi la vita come meglio crede. Perché è la sua, nessuno gliene darà un’altra, soprattutto le ave bacchettone. Ha il diritto di non farcela da sola, di chiedere aiuto e di non sentirsi meno donna se lo fa. L’eredità della resilienza è insieme un onore e un onere ed è importante che da punto di forza non diventi punto debole, scatola chiusa, orizzonti limitati.

Noi de L’Altro Femminile sposiamo completamente la filosofia di Mammadimerda, ne condividiamo la rivendicazione a essere fallibili, diverse, inappropriate che deve possedere ogni donna. Perché questo sì che è un diritto e un dovere: vivere secondo i propri canoni e non seguendo imposizioni arcaiche e, diciamolo, anche un po’ sessiste che la società impone da sempre a quello che è da sempre chiamato il sesso debole ma al quale il diritto, anche sporadico, alla debolezza non è mai stato concesso.

Serena Pisaneschi

Foto in atro: di ademo adelmo su Pixabay

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