Non Una Di Meno e il flash mob Sensibile-Invisibile in 21 piazze italiane

Non Una di Meno - NUDUM Milano insieme a NUDUM Bergamo
Silvia Carabelli racconta la genesi del presidio in cui, lo scorso 23 ottobre, da tutta Italia, le organizzatrici e le partecipanti hanno reclamato il diritto al riconoscimento delle malattie invisibili.

A pochi giorni dal flash mob che c’è stato nelle piazze italiane il 23 ottobre scorso, ci soffermiamo a parlare un po’ con Silvia Carabelli di Non Una Di Meno – Milano per comprendere meglio cosa sono le malattie invisibili, perché vengono chiamate in questo modo e perché c’è ancora tanto da fare.

Buongiorno Silvia, ho sentito molto parlare di lei e delle attività che state facendo con Non Una Di Meno, volevo capire un po’ più nel dettaglio…

«Sì, Non Una Di Meno, che è un movimento politico, ha organizzato questo presidio Sensibile-Invisibile il 23 ottobre in venti piazze d’Italia, ventuno con Trento che ha fatto il presidio il 16. Il nome Sensibile-Invisibile dipende dal fatto che abbiamo voluto in quella giornata di mobilitazione nazionale rendere visibili malattie cosiddette femminili che vengono abitualmente rese invisibili, ignorate, non studiate a livello medico e quindi difficilmente diagnosticate.»

Di quali malattie stiamo parlando?

«Queste malattie sono vulvodinia, endometriosi, fibromialgia, neuropatia del pudendo e tante altre forme di dolore pelvico che colpiscono principalmente le donne e le persone assegnate femmina alla nascita (con questo termine intendiamo includere tutte le persone trans e non binarie).»

Da dove nasce questo interesse?

«Questa storia parte un po’ dalla mia esperienza perché io soffro di vulvodinia. Questa prima diagnosi ha portato a quella di endometriosi nel giro di altri otto mesi. In questo percorso mi sono accorta che non stavo vivendo un problema individuale, ossia quello di avere un ritardo diagnostico di oltre dieci anni, di aver visto tantissimi ginecologi e ginecologhe con diagnosi sempre sbagliate, e medici che sottovalutavano i miei disturbi e i sintomi. Queste vicissitudini che ho vissuto sono in realtà la storia di tantissime altre donne nella mia stessa condizione.»

Quando ha portato in piazza per la prima volta questa storia?

«Ho portato la mia storia in piazza per la prima volta l’8 marzo 2021 a Milano durante lo sciopero femminista di Non Una Di Meno. Da lì il tavolo salute di Non Una Di Meno Milano ha fatto un percorso di approfondimento che è durato tutta la primavera. Ci sono stati incontri divulgativi sull’endometriosi, la vulvodinia, la fibromialgia, ed è nata l’idea di una mobilitazione su scala nazionale da fare in autunno.»

Come si arriva al flash mob, alla mobilitazione nazionale?

«Abbiamo messo insieme diverse teste per costruire questa mobilitazione, nel senso che Non Una Di Meno è stato il contenitore che ha reso possibile tutto questo perché sono circa settanta i nodi territoriali in Italia, ossia attiviste politiche abituate a scendere in piazza. Però, per costruire questo flash mob, abbiamo collaborato con le associazioni che si occupano direttamente di queste sindromi/patologie (AINPU ONLUS – Associazione italiana neuropatia del pudendo; AIV – Associazione italiana vulvodinia; Cistite.info APS; GAV – Gruppo ascolto vulvodinia – progetto dell’associazione Casa Maternità Prima Luce di Torino; VIVA – Vincere insieme la vulvodonia; Vulvodiniapuntoinfo ONLUS) e abbiamo creato un gruppo di scopo che ha incluso moltissime pazienti di tutta Italia che non avevano mai fatto politica prima, immaginando un po’ insieme cosa portare in piazza. Alcune idee sono arrivate nel primo brainstorming da un paio di ragazze che soffrono di fibromialgia, un’altra idea è nata da un gruppo di tre ragazze di Treviso e poi pian piano il gruppo ha lavorato per mettere insieme un flash mob di senso compiuto dal primo atto, con le malate nel ruolo di fantasmi invisibili, al terzo atto, ossia la richiesta di riconoscimento allo Stato. A Milano abbiamo fatto proprio quasi un copione teatrale in tre atti. La diretta si può recuperare sul profilo di Non Una di Meno Milano e consiglio di vederla perché si possono ascoltare tutti i temi che abbiamo trattato e le tante testimonianze raccolte. E poi, secondo me, nei presidi di Non Una Di Meno non ci si annoia mai perché utilizziamo performance artistiche per veicolare messaggi politici.»

Vorrei capire lo scopo preciso di queste performance. C’è sensibilizzazione a livello sociale ma anche a livello delle infrastrutture immagino, no?

«Gli scopi sono molteplici: sensibilizzazione a livello sociale parlando di queste malattie; già la vulva e gli organi genitali femminili, sono un tabù, figuriamoci poi quando sono malati. Per questo la prima cosa è rompere il tabù e trattare pubblicamente di queste sindromi e patologie che esistono, che colpiscono tantissime donne. Per fare un esempio, di endometriosi soffre una donna su dieci (ma forse una su nove dai dati più recenti raccolti). Probabilmente sono dati sottostimati tra la difficoltà diagnostica, il fatto che mancano finanziamenti per la ricerca e che manca una raccolta dati su scala nazionale. Comunque endometriosi dovrebbe essere una su dieci/una sua nove; vulvodinia pare che sia una su sette, quindi un’incidenza impressionante. Per cui, da un lato la sensibilizzazione, dall’altro assolutamente prevenzione, che in Italia è inesistente. Vuol dire educazione sessuale nelle scuole che includa una parte in cui si insegna alle ragazze, alle donne a riconoscere i segnali che il proprio corpo manda e a rispettarli perché purtroppo in tutta la storia c’è stata una normalizzazione del dolore femminile per cui se hai mal di pancia è normale, se hai un po’ di bruciore durante i rapporti è normale… No, non è normale. Certo, se capita una volta ogni tanto non è qualcosa di clinicamente rilevante, ma se tu a tutte le mestruazioni stai malissimo oppure se noti un cambiamento importante nel tuo ciclo da un anno all’altro, oppure se hai bruciore tutte le volte che hai rapporti, ecco, queste cose non vanno sopportate e nessuno ce lo insegna. Questa è la prevenzione primaria. Prevenzione secondaria vuol dire invece diagnosi precoce, quindi significa che deve cambiare la formazione del personale medico sanitario che ad oggi queste sindromi non le studia, né nei sei anni di medicina, né nei sei anni di specialistica, per cui chi esce dall’università è impreparato. Forse conosce l’endometriosi, ma nella maggior parte dei casi non la sa diagnosticare. La vulvodinia, invece, è proprio sconosciuta. Infine, la cosa più importante, ossia la richiesta di riconoscimento di fibromialgia, vulvodinia e neuropatia del pudendo, ma anche endometriosi di primo e secondo grado, come malattie croniche invalidanti. Questo vuol dire che devono essere inserite nei livelli essenziali di assistenza.»

Cosa vuol dire questo?

«Significa due cose: esenzione dalla partecipazione alla spesa pubblica, ossia non pagare il ticket, e percentuali di invalidità per chi non può più lavorare o non può lavorare a tempo pieno. L’ideale sarebbe avere almeno un ambulatorio specializzato in ospedale per ogni regione d’Italia perché c’è anche il problema di chi deve prendere aerei o treni per raggiungere i pochi medici specializzati in queste malattie. In sintesi, le azioni da intraprendere sono molteplici: sensibilizzazione, prevenzione, formazione e riconoscimento istituzionale da parte del Servizio Sanitario Nazionale.»

Laura Massera

Foto in alto: Non Una di Meno – NUDUM Milano insieme a NUDUM Bergamo – Presidio Sensibile Invisibile

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