La scrittrice americana vinse il Nobel nel 1938 «per le sue ricche ed epiche descrizioni della vita contadina in Cina e per i suoi lavori autobiografici.»
Tra le magnifiche diciotto a infrangere il soffitto di cristallo della letteratura, un posto d’onore spetta a Pearl S. Buck, la prima scrittrice americana che vinse il Nobel nel 1938. Il premio riconobbe anche la portata rivoluzionaria della sua opera: grazie a lei infatti il mondo americano divenne più consapevole dell’esistenza e della dignità del continente asiatico. Un concetto riassumibile nell’espressione Asia Consciousness.
Infanzia e formazione in Cina
Nata nel West Virginia nel 1892 da genitori missionari presbiteriani, Pearl S. Buck trascorse la sua infanzia e gran parte della sua vita in Cina. Questa profonda immersione nella cultura cinese fu nutrita dai racconti della sua balia cinese e dalle lezioni del suo tutore, Mr. Kung, che le fece conoscere i classici cinesi e il confucianesimo. Parallelamente, ricevette un’educazione presbiteriana. L’amore per la letteratura inglese le fu trasmesso dalla madre; ciò forgiò in lei un’identità unica, sospesa tra due mondi. Le rivolte, le guerre e le sommosse che segnarono la Cina in quegli anni furono esperienze dirette, inclusa la rivolta dei Boxer, che colpì la sua stessa famiglia. La sua scrittura risentì profondamente di tutto questo.
Il successo di La Buona Terra
Il suo romanzo più celebre, La buona terra (The Good Earth, 1931), le valse il Premio Pulitzer nel 1932 e la consacrò al successo internazionale. Ambientato nella Cina rurale dei primi del ‘900, il romanzo dipinge con sobrietà e umanità la vita del contadino Wang Lung e della sua famiglia. L’opera risuonava degli ideali agrari cari all’America rurale e trascendentale, nonostante fosse ambientata in una Cina lontana. Buck non esitava a interrompere la narrazione per spiegare al lettore usi e costumi cinesi, offrendo un vero e proprio ponte culturale.
Il Nobel: letteratura e popolo
Il culmine del suo riconoscimento giunse nel 1938 con il Nobel per la Letteratura, che le fu conferito «per le sue ricche ed epiche descrizioni della vita contadina in Cina e per i suoi lavori autobiografici.» Il suo discorso alla consegna del premio fu una lezione di letteratura e vita. Buck riconobbe nella Cina la patria cui sentiva di appartenere e sottolineò l’importanza del romanzo come forma d’arte capace di raccontare la vita del popolo comune, spesso ignorato dalla letteratura più elitaria. Paragonò il contrasto tra il popolo e gli scholars cinesi a quello che sarebbe esistito nel mondo anglofono se si fosse continuato a scrivere nell’inglese di Chaucer. Buck evidenziò come il buddhismo in Cina avesse saputo utilizzare il romanzo come strumento per diffondere le proprie idee, usando il linguaggio del popolo.

Temi universali e stile narrativo
Le opere di Pearl S. Buck affrontano temi universali come la fiducia nelle qualità umane, il coraggio, la tolleranza e le dinamiche familiari. Attraverso i suoi personaggi, spesso figure umili ma dotate di grande dignità, il pubblico occidentale divenne consapevole dell’esistenza di milioni di persone legate alla propria terra e al lavoro nei campi, al di là delle categorie religiose occidentali. Il suo stile narrativo è stato descritto come pacato, uniforme e fluido, quasi biblico ma intrinsecamente cinese o bifocale, riflettendo la sua duplice eredità culturale.
La figlia cancellata: un segreto doloroso
Gian Antonio Stella scrisse di un aspetto privato di Buck che riguarda la figlia Carol, nata nel 1920. Buck si rese conto presto che Carol aveva un grave ritardo mentale. Inizialmente, non era preparata ad affrontare la situazione; nonostante ciò, tentò per anni di aiutare la figlia. Alla fine, nel 1928, quando la bambina aveva circa otto anni, dovette constatare l’impossibilità di aiutarle e, con grande sofferenza, la affidò a un istituto specializzato. Buck raccontò questo segreto solo nel 1950 ma il libro che racconta questa vicenda non fu mai pubblicato in Italia.
Declino e riscoperta di Pearl S. Buck
Nonostante il travolgente successo iniziale, Pearl S. Buck conobbe un periodo di oblio nel mondo occidentale, per diverse ragioni. Fu accusata di antiamericanismo durante il maccartismo, mentre la Cina post-rivoluzionaria la ripudiò per il suo individualismo. La critica accademica la trascurò a lungo, relegandola al genere della letteratura popolare o “midcult”. Tuttavia, negli ultimi anni si assiste a una importante riscoperta della sua opera sia in Cina che in Occidente, inclusa l’Italia.
Pearl S. Buck oggi: un ponte culturale
La sua capacità di mediazione culturale e la sua profonda comprensione della realtà cinese, oltre gli stereotipi occidentali, sono un prezioso contributo al dialogo interculturale e la riproposta di nuove traduzioni dei suoi romanzi da parte di case editrici come Mondadori testimonia un rinnovato interesse per Buck. La scrittrice, infatti, seppe raccontare l’umanità in tutte le sue sfaccettature, gettando luce sulle distanze e le differenze tra Oriente e Occidente.
Pearl S. Buck non è solo una delle diciotto magnifiche donne che hanno ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura. È una figura chiave nella letteratura del ‘900, un ponte culturale tra due mondi. La sua opera, che spazia dalle epiche descrizioni della Cina rurale ai racconti autobiografici, continua a offrire preziose lezioni sull’importanza della comprensione reciproca, della dignità umana e del legame inscindibile tra l’uomo e la sua terra, rendendola una voce ancora oggi profondamente attuale e meritevole di essere riscoperta.
Cinzia Inguanta
Foto in alto: Pearl S. Buck nel 1950 da Wikimedia Commons
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