Oltre la gabbia dell’osservazione, l’empatia di una scrittura che non teme il crudo e l’umano e invita a guardare con occhi nuovi le complessità dell’esistenza.
Quartiere 5, dimensione zoo (Coda di volpe, 2025) di Elena Marrassini è un’opera in cui la scrittura è protagonista assoluta. Si distingue, infatti, per una voce narrativa originale e profondamente risonante. L’autrice adotta uno stile schietto, a tratti crudo, che si addentra senza filtri nelle pieghe più complesse e a volte oscure dell’esistenza umana. E trasforma l’osservazione in una forma acuta di empatia e comprensione.
L’arte di guardare: empatia oltre la gabbia
La premessa stessa del libro rivela l’approccio di Marrassini: osservare le persone della sua città, Pistoia, e delle aree metropolitane circostanti come se fossero in uno zoo, dalla sua gabbia personale. Questa metafora del Quartiere 5 – un quartiere di confine che «esiste in tutte le città» – permette all’autrice di creare un mosaico di vite immaginate a partire da dettagli quotidiani, studiandone «atteggiamenti, le case, i balconi».
Non è un guardare giudicante, ma un desiderio profondo di capire, come suggerisce la citazione di Orwell. La sua scrittura è un atto di ascolto, una pratica che, come rivela la stagista del giornale locale, «non è mai tempo perso» e permette di «capire la vita e a volte anche la morte». Questa profonda sensibilità si estende anche al mondo animale, come testimonia la dedica a Corso, il cane che le ha «insegnato dieci e più vite», suggerendo un legame primario e autentico con una dimensione di vulnerabilità e apprendimento.
Onestà viscerale e dettagli che restano addosso
La prosa di Marrassini è caratterizzata da un’onestà senza compromessi, che non rifugge da aspetti scomodi o dolorosi. L’autrice non esita a esplorare il disagio genitoriale, come nel caso de l’Irragno che prova l’improvviso e sconvolgente desiderio di «schiacciare» il suo bambino. O le ipocrisie sociali che etichettano i bambini come «stronzi». Questa audacia nella rappresentazione delle emozioni più grezze conferisce un’autenticità d’impatto alla narrazione. Lo stile è arricchito da dettagli sensoriali vividi e viscerali. In particolare gli odori, che fungono da potenti ancore per la memoria e l’identità. L’odore di Berp, per esempio, non è solo una reminiscenza olfattiva, ma una complessa miscela di fragranze terrose, animali e chimiche che definiscono un luogo, un’infanzia e un ricordo. Marrassini dipinge scene dove il «puzzo di merda» dei maiali o l’odore di «copertoni bruciati, di urina» dello sfascio sono parte integrante della realtà e della caratterizzazione dei luoghi e delle persone.
Le “gabbie” umane: voci di complessità
I personaggi sono ritratti con le loro fragilità, le loro contraddizioni e le loro “gabbie” personali. Federica si sente intrappolata in uno sfascio, Sirio nella sua solitudine e nella sua casa bassa che puzza di vecchio, Geson nel suo desiderio di essere muratore nonostante le vertigini, e Lisa nella sua ossessione per il peso e il corpo. Nina è confinata dalla cura della madre malata e dalla sua rabbia addomesticata, mentre Dora Tissen è intrappolata nella sua incomprensione del pensionamento e nel fallimento delle sue piante.
Anche la protagonista, forse la stessa autrice, si rivela attraverso le sue relazioni complesse, come quella con Berp, l’«errore più importante» della sua vita, o con il Capra, il fauno che le insegna una nuova forma di amore e di fiducia. Ciascuno è una tessera di un mosaico più grande, dove le vite si «sfioravano nel loro quotidiano» pur senza conoscersi direttamente. La narrazione multipla e a volte episodica, che passa da una prospettiva all’altra, arricchisce il quadro e permette al lettore di addentrarsi nelle diverse “gabbie” esistenziali.
Simbolismo e la catarsi liberatoria della scrittura
La scrittura di Marrassini è permeata di un simbolismo sottile ma potente. Gli animali, come i maiali di Berp, i cani che «salvano» o gli animali dello zoo che «fanno conoscere al mondo» e «insegnano tutto», non sono solo elementi descrittivi, ma veicoli di significato profondo. Spesso, infatti, sembrano lamentare la dimenticanza umana delle loro lezioni. Il tema dell’errore si rivela un filo rosso che lega diverse esperienze. La narratrice lo riconosce come proprio nella relazione con Berp, mentre Adelaide lo vive attraverso il figlio guasto. Le imperfezioni si trasformano così in occasioni di consapevolezza. Infine, la scrittura stessa è un atto catartico per l’autrice. Un modo per esternare «fantasia, la confusione e i pensieri molesti» e prevenire l’implodere. Questo processo infonde nella narrazione una vulnerabilità autentica che la rende profondamente umana.
Il racconto si snoda attraverso temi cruciali come identità, accettazione, speranza e disillusione. Scene drammatiche, come un incendio o la scoperta di una malattia, ne segnano i picchi. Eppure, per alcuni personaggi, emergono anche momenti di inattesa serenità e rinascita personale.
In conclusione, Quartiere 5, dimensione Zoo è un’opera che affascina per la sua voce audace, introspettiva ed empatica. Elena Marrassini invita il lettore a guardare con occhi nuovi le complessità dell’esistenza. A riconoscere l’umanità nelle sue forme più crude e autentiche. E a comprendere che, talvolta, le verità più profonde si trovano proprio al confine tra le “gabbie” della nostra quotidianità.
Cinzia Inguanta
Foto in altro: Elena Marrassini
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