Gli acuti romanzi sulla vita quotidiana e il proto-femminismo della scrittrice inglese, finalmente restituiti a lettrici e lettori dopo un lungo oblio.
Dorothy Whipple fa parte di quella schiera di scrittrici famose un tempo, osannate dalla critica e gratificate dal pubblico, poi passate di moda, “dimenticate”.
Con la loro scrittura sapevano agganciare l’attenzione di lettori e lettrici, i loro libri erano autentici page turner da cui non era semplice staccarsi. Affrontavano temi legati alla vita quotidiana, alla complessità dei sentimenti e delle relazioni, alle dinamiche famigliari ed esprimevano un femminismo ante-litteram.
Ma qualcosa sta cambiando nel nostro e in altri Paesi. Studiose e amanti della lettura le hanno riscoperte attirando la curiosità delle case editrici che stanno finalmente ristampando i loro libri, prima introvabili o mai tradotti. Questa rubrica, Le dimenticate, vuole ricordarle o farle conoscere.
Dorothy Whipple, fino al 2019, era pressoché sconosciuta in Italia, quando fu pubblicato per la prima volta uno dei suoi otto romanzi, Le sorelle Field (They Were Sisters). A questo seguì Un lontano rumore di passi (Someone at a Distance) nel 2021, entrambi dalla casa editrice Astoria, con la traduzione di Simona Garavelli.
Questa autrice scrisse durante la cosiddetta golden age della letteratura britannica, il periodo tra le due guerre mondiali, per un pubblico adulto e per l’infanzia. J.B. Priestley, noto autore e critico letterario, la considerava «la nuova Jane Austen.» La sua popolarità era simile a quella degli scrittori coevi, che invece non sono stati dimenticati, J.B. Shaw, Somerset Maugham, H.G. Wells e, appunto, J.B. Priestly. Nonostante la popolarità che ebbe negli anni ’30 e ’40, l’ultimo suo romanzo, Someone at a Distance, pubblicato nel 1953, non le valse neppure una recensione. Cominciò così il suo declino, fino all’oblio.
Dorothy Whipple nacque il 26 febbraio 1893 nella sua grande casa in Edgeware Road, a Blackburn, nel Lancashire. Come racconta lei stessa nell’autobiografia, visse un’infanzia serena, in una famiglia numerosa ma benestante, con sette tra fratelli e sorelle. Il padre architetto, Walter Stirrup e la madre, Ada Cunlife, erano genitori sensibili e amorevoli. In casa c’era servitù e un ambiente piacevole e stimolante dal punto di vista culturale.
Whipple frequentò la scuola privata di Miss Barrett e poi la scuola superiore Convent of Notre Dame. Il suo primo amore, George Owen, restò ucciso nella prima settimana di guerra, al fronte. Su questo dolore l’autrice si sofferma con delicatezza dedicandogli un personaggio nel suo romanzo più autobiografico, Young Anne, il primo dato alle stampe nel 1927. Forse per elaborare il lutto, trovò impiego come segretaria del direttore di una scuola, Henry Whipple, e dopo tre anni, nel 1917, lo sposò. Sebbene più grande di lei di ventiquattro anni, il loro fu un matrimonio duraturo.
I Whipple si trasferirono poi a Nottingham. Qui Henry aveva ottenuto un incarico importante e Dorothy si concentrò sulla sua attività di scrittura. Nel contempo organizzò la vita di moglie, figlia, sorella e zia, tra tea pomeridiani e relazioni con vicini e conoscenti. Proprio come era consuetudine aspettarsi da lei, e in generale dalle donne della sua classe sociale, nella prima metà del ‘900.
Alla pubblicazione del suo primo romanzo, nel 1930 seguì High Wages, una storia di sofferta indipendenza economica rincorsa da una giovane in cerca di realizzazione nel lavoro. E poi Greenbanks nel 1932, in cui Dorothy ricorda la figura dell’amata nonna. Già in questi primi libri affiora il suo stile, apparentemente semplice. I suoi detrattori lo hanno sempre definito «troppo semplice», in realtà non privo di profonda analisi psicologica di personaggi e personagge. Non a caso lei scrisse che non amava inventare trame ma descrivere persone: «I don’t like to concoct plots, I like doing people.» Intanto i suoi libri erano accolti con favore da un pubblico affezionato, sebbene Dorothy Whipple non frequentasse i suoi colleghi scrittori e scrittrici. Non amava neppure incontrare sovente gli editori e conduceva la sua esistenza piuttosto lontana dal clamore di Londra.
Entro la fine degli anni ’30 pubblicò They Knew Mr. Knight (1934), poi trasposto in film, The Priory (1939), che gli amanti di Downton Abbey potrebbero trovare gradevole anche soltanto per riscontrare alcuni dettagli simili alla serie, e infine la selezione di racconti On Approval (1935) e l’autobiografia The Other Day. An Autobiography, che parla della sua infanzia dai tre ai dodici anni. Quest’opera le fu richiesta dall’editore. Whipple accolse la proposta con riluttanza, almeno inizialmente, ma poi se ne appassionò fino a costruire un significativo ritratto dell’educazione delle bambine d’inizio secolo.
Con l’approssimarsi della guerra i coniugi Whipple si trasferirono a Kettering e nel 1943 fu pubblicato They Were Sisters, che conobbe un doppio successo grazie al film con lo stesso titolo. Forse è il motivo per cui fu il primo dei suoi libri a essere tradotto in italiano. O forse per la triste attualità del tema principale: la violenza psicologica all’interno del matrimonio. Racconta la storia di tre sorelle molto diverse tra loro. La maggiore con il desiderio insoddisfatto di maternità, un’altra concentrata sulla propria bellezza a scapito dell’accudimento dei figli e della famiglia e infine la più fragile, manipolata dal marito.
Seguirono altri racconti, Every Good Deed (1946) e il romanzo Because of the Lockwoods (1949). Quest’ultimo mostra come cambiarono i rapporti tra le persone subito dopo la fine conflitto. Infatti, era ormai terminata quel minimo di solidarietà interclassista che aveva unito le persone tra gli stenti e sotto le bombe.
Someone at a Distance, l’ottavo e ultimo romanzo, comparve nel 1953 e vendette pochissimo. I gusti dei lettori erano cambiati, cercavano passione e sesso e tutto questo non si trovava nei testi di Whipple. Disponibile in traduzione italiana, come si è detto, vale la lettura anche perché indicato da più parti come il migliore romanzo di questa autrice. Il più moderno, in cui una donna riesce a riprogrammare la sua vita dopo l’abbandono del marito, trovare un’occupazione e ricostruirsi una vita con qualche soddisfazione. Una considerazione a margine, tra il serio e il faceto, porta a osservare come fosse relativamente veloce la procedura di divorzio negli anni ‘50 in Gran Bretagna, mentre nel nostro Paese dovemmo aspettare fino al 1970.
Henry morì nel 1955 e Dorothy decise di tornare a Blackburn, dove era nata e cresciuta. Si stabilì in Whinfield Place, pubblicò la raccolta di racconti Wednesday and Other Stories (1961) e poi alcuni libri per l’infanzia, Tale of a Very Little Tortoise (1962), The Smallest Tortoise (1964) e Little Hedgehog (1965) e, poco prima di spegnersi, Random Commentary (1966), dove l’autrice raccolse frammenti dei suoi diari e dei suoi appunti.
Quello che rende quest’ultimo libro interessante è che lei stessa abbia scelto i materiali, senza peraltro badare alla cronologia dei fatti. Il libro si pone quindi a completamento della sua autobiografia e permette di entrare nella sua officina creativa, capire come lavorava e cosa davvero le interessasse. In esso rivela molti dettagli della sua vita quotidiana, come i tentativi mal riusciti in cucina, confessa quanto fosse infastidita dai visitatori che si trattenevano troppo a lungo e la distoglievano dalla scrittura, e come avesse gioito al suono delle campane che segnavano la fine della guerra.
Come si evince dalle date, Dorothy continuò a scrivere fino alla fine della sua vita, il 14 settembre 1966, dopo aver affidato alla nipote, Judy Eldergyll, la cura dei diritti della sua opera.
Il motivo per cui i suoi libri non furono più letti e ristampati, nonostante il successo di pubblico che l’aveva accompagnata, resta in parte un mistero. C’era chi la considerava un’autrice troppo “casalinga”, troppo di facile lettura. E chi, invece, vedeva in lei soltanto la voce di quelle donne middleclass incapaci di vivere senza cameriera e cuoca.
Finalmente, negli ultimi decenni, uno stuolo di studiose e amanti dei libri la ripropone come una scrittrice importante nel panorama letterario novecentesco, con accenti di proto-femminismo da non sottovalutare. E tutto cominciò con la scoperta di Someone at a Distance da parte di Nicola Beaumann che lo inserì fra i primi libri da ristampare nella sua neonata casa editrice, Persephone Books, nel 1999.
Una veste editoriale raffinata e un sistema di vendita online in tutto il mondo ha fatto conoscere Dorothy Whipple a una platea di lettori sempre più vasta. Attualmente si possono reperire nei tipi di questa casa editrice tutti i suoi otto romanzi, l’autobiografia, il Random Commentary e anche i racconti, unificati in due volumi. Mancano soltanto i libri per l’infanzia, probabilmente introvabili.
Ai fini della riscoperta fu importante anche l’apporto di Cynthia Johnston, docente presso la University of London. Nel suo amore per i libri rari, mentre svolgeva una ricerca presso la biblioteca di Blackburn si imbatté nella “dimenticata” Whipple e pensò di organizzarne una mostra sulla vita e le opere, coadiuvata dalla nipote ed erede dell’autrice. Tra settembre e ottobre 2022 si tenne l’esposizione a Londra, presso la libreria antiquaria Magg Bros. In quell’occasione fu possibile visionare le prime edizioni dei suoi libri con le copertine originali, numerose lettere che l’autrice aveva scritto e ricevuto nel corso della vita, i suoi diari e quaderni di appunti e foto d’archivio.
Dorothy Whipple scriveva di donne inglesi, quasi cento anni fa, però i temi dei suoi libri restano ancora sorprendentemente attuali. Ha lasciato un’eredità di romanzi e racconti caratterizzati da una prosa elegante, profonda e arguta ed è auspicabile che l’opera di questa autrice sia tradotta anche nel nostro Paese perché possa essere conosciuta e apprezzata.
Laura Bertolotti
Foto in alto: Dorothy Whipple
© RIPRODUZIONE RISERVATA