Le sue parole non gridano: respirano. La sua poesia è un luogo dove il tempo, per un istante, si ferma.
Nata a Viterbo nel 1950 e cresciuta a Roma, Gabriella Sica è una delle voci più autentiche e luminose della poesia italiana contemporanea. Nei suoi versi la quotidianità si fa memoria, la vita si trasforma in racconto, e il tempo diventa materia viva, affettuosa, domestica.
Fondatrice negli anni ’80 della rivista Prato pagano, ha contribuito a rinnovare il linguaggio poetico italiano, riportandolo a una dimensione più intima e colloquiale. Libri come Vicolo del Bologna, Poesie familiari e Le lacrime delle cose raccontano un mondo fatto di dettagli minuti, affetti, e un dialogo continuo con la città di Roma, che è spesso il suo scenario e la sua musa.
Autrice anche di saggi e antologie, tra cui Scrivere in versi e La parola ritrovata, ha contribuito a far conoscere i grandi poeti del ‘900 italiano attraverso documentari realizzati per la Rai. In lei la poesia resta un gesto quotidiano, «una fiaba estrema» capace di custodire la vita nel suo passare.
Nei suoi versi le case, le voci, gli affetti e le assenze diventano luce sottile, memoria viva. La sua poesia custodisce la vita quotidiana come un segreto da non dimenticare. Infatti, persino nel passo delle oche, la poeta mantiene uno sguardo gentile: le osserva con delicatezza e ogni movimento, diventa segno di grazia e armonia; ogni dettaglio un piccolo universo poetico.
Per La poesia nel dì di domenica, Serena Betti, legge per noi Poesie per le oche (I.) di Gabriella Sica. Buon ascolto.
Debora Menichetti
Foto in alto: Gabriella Sica (foto fonte web)
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Poesie per le oche
I.
Mi incanta guardare le bianche oche
sparse come le nuvole in cielo
azzuffarsi nei giochi dell’amore,
dormire nel calore delle piume.
Mi placo mentre dolcemente vanno
placide nell’acqua trasparente,
ingenue sul dolore della vita.
E mi strazia la grazia di un’oca
che lenta e fiera s’allontana sola.
da Vicolo del Bologna (1992)

