Un romanzo e una serie tv che raccontano la storia di una famiglia coreana in Giappone tra discriminazione, sacrifici e identità.
La mia proposta per questo venerdì è una saga familiare che si svolge dall’altra parte del mondo, si tratta di Pachinko. La moglie coreana della scrittrice statunitense-sudcoreana Min Jin Lee. Il libro è stato pubblicato in Italia nel 2018 da Piemme, (attualmente nella collana Pickwick). È un romanzo di largo respiro ambientato tra la Corea e il Giappone. Pachinko abbraccia quattro generazioni di una famiglia tra il 1910 e il 1989.
Il titolo Pachinko prende origine dall’omonimo gioco d’azzardo giapponese molto popolare, una sorta di ibrido tra flipper e slot machine. Questo gioco è gestito in gran parte da coreani residenti in Giappone (chiamati Zainichi). Molti di loro non avevano accesso ad altri settori lavorativi a causa della discriminazione e ghettizzazione. Non a caso l’incipit del libro è: «La Storia ci ha traditi, ma non importa». L’edizione italiana presenta un sottotitolo: La moglie coreana. Una strategia editoriale per rendere il romanzo più accessibile e comprensibile ai lettori del nostro paese e attirare un pubblico più vasto.
La storia prende avvio con la giovane Sunja che vive con la madre e il padre malato a Yeongdo, un piccolo villaggio di pescatori nel distretto di Pusan. A seguito di una gravidanza imprevista, Sunja, scopre anche che che l’uomo che ama è già sposato. Decide, perciò, di accettare la proposta di matrimonio di un giovane pastore cristiano, Baek Isak, che le offre una nuova vita in Giappone e emigrano insieme alla ricerca di un futuro migliore.
È molto difficile non farsi conquistare dai numerosi personaggi che ruotano attorno a Sunja e alla sua famiglia. In particolar modo, sono molto affascinanti le figure femminili che, spesso, reggono sulle loro spalle famiglie intere, anche nell’ombra, compiendo sacrifici estremi e mantenendo la dignità in situazioni disperate.
Nella storia intima e personale fa irruzione la storia collettiva. Uno dei temi più forti, e ricorrenti nel romanzo, è il senso di non appartenenza dei coreani in Giappone, dove vengono considerati stranieri a vita, anche se nati sul suolo giapponese. I personaggi cercano disperatamente un’identità: culturale, religiosa, nazionale e individuale. Durante tutta la sua lunga vita, Sunja non si sentirà mai giapponese, ma nemmeno i suoi figli troveranno piena accoglienza nella terra dove sono nati.
Min Jin Lee ha uno stile narrativo limpido e fluido, allo stesso tempo molto avvincente perché capace di alternare momenti di grande intensità emotiva a riflessioni più profonde sulla condizione umana. Ha una scrittura ricca di dettagli storici e culturali, che aiutano a comprendere il contesto in cui si svolgono i fatti. La narrazione è cronologica, molto classica (in alcuni punti mi ha ricordato il romanzo ottocentesco), ma con un ritmo incalzante e profondamente emotivo.
In accoppiata con il romanzo di Min Jin Lee vi propongo l’omonima serie televisiva statunitense disponibile sulla piattaforma streaming Apple TV+. Al momento, è composta da due stagioni, ciascuna con 8 episodi di circa 60 minuti ciascuno. La prima stagione è stata trasmessa a partire da marzo 2022, mentre la seconda stagione ha debuttato a agosto 2024.
La produttrice è Theresa Kang, mentre l’adattamento è di Soo Hugh. Il lavoro di casting fatto è stato molto accurato nella scelta dei membri della famiglia di Sunja in ogni epoca, tra questi troviamo alcuni volti noti come Youn Yuh-jung e Lee Min-ho.
Rispetto al libro, il racconto è meno lineare e si incorre spesso nell’alternanza dei piani temporali, con il risultato finale di creare connessioni tra i personaggi dare maggiore enfasi a alcuni istanti. L’esito non è un adattamento pedissequo del romanzo ma un’opera complementare che, mescola fatti reali e finzione, in modo meno straziante.
Il mio consiglio è quello di vederlo in lingua originale e apprezzare l’alternanza di coreano, inglese e giapponese che restituisce un’emotività specifica e peculiare ai personaggi e alle scene.
Un lavoro importante e particolareggiato è stato fatto con la ricostruzione storica e con la cura nei dettagli della messa in scena, grazie soprattutto all’elevato budget a disposizione. La regia, che spesso indugia sui primi piani, vi farà innamorare anche dei personaggi meno positivi.
Rimarrete conquistati dalla sigla dove tutti personaggi ballano sulle note di Let’s live for today all’interno di una coloratissima sala di pachinko, in mood molto divertito e divertente in contrasto con le storie e le vicissitudini che si troveranno a vivere. Vi entrerà subito in testa e vi troverete sicuramente a canticchiarla. Buona visione e buon fine settimana con Pachinko!
Sara Simoni
Foto in alto: immagine dalla serie tv (da movieplayer.it)
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